Decreto Crescita bloccato | Da Pogba a Paredes: il calciomercato si complica

L’Agenzia delle Entrate ha stoppato il Decreto Crescita mettendo nei guai i club di Serie A in ottica calciomercato. Ecco tutti i dettagli

Tegola per la Serie A, per le big e non solo in ottica calciomercato. Con una circolare diramata quest’oggi, l’Agenzia delle Entrate ha bloccato il famoso Decreto Crescita che finora ha consentito ai club uno sconto fiscale del 50% (inizialmente del 70%) sul lordo degli stipendi dei calciatori (e degli allenatori, vedi il ritorno di Antonio Conte) provenienti dall’estero. Il blocco sarà valido fino all’emanazione del Decreto attuativo da parte del Governo, che ormai è atteso da circa un anno e mezzo. Per seguire e interagire in DIRETTA sulle ultime di Calciomercato ISCRIVITI al canale YOUTUBE.

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Paul Pogba (Getty Images)

Calciomercato Serie A, stop Decreto Crescita: ecco cosa cambia. L’esempio di Pogba-Juventus

Bisogna capire se questo stop avrà o meno valore retroattivo, in tal caso le società che avranno usufruito di tale agevolazioni sarebbero costrette a ‘rimborsare’ l’Agenzia delle Entrate. Ma alcune, vedi l’Inter con Eriksen, ha già ‘accantonato’ in bilancio la cifra risparmiata grazie al Decreto Crescita, seppur in previsione di una cessione prima del limite dei due anni di permanenza… Il blocco, ammesso che il Governo non si sbrighi ad emanare il Decreto attuativo, rischia di far saltare delle trattative di mercato avviate o anche solo progettate. Facciamo l’esempio di Pogba e del suo possibile ritorno alla Juventus: col Decreto il francese costerebbe l’anno, con riferimento allo stipendio lordo e considerato che guadagna circa 15 milioni, sui 22,5 milioni complessivi; senza DC, ben 8 milioni in più. 32 in più, 120 totali rispetto a 88, se ragionassimo su un contratto di quattro anni…

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Lo stesso ragionamento si può fare con Paredes, il cui nome viene accostato all’Inter nell’ambito di uno scambio con il sopracitato Eriksen. L’argentino ex Roma prende sui 5 netti: con un quadriennale, non tenendo conto delle mensilità da gennaio a giugno prossimi, costerebbe 30 milioni (7,5 l’anno) in tutto sfruttando il DC. Senza 40, quindi 10 milioni in più. Insomma la differenza tra con e senza è notevole, di misura superiore quando le cifre in ballo sono elevate. Vediamo se il Governo, alle prese con problemi più seri (ma questo, in fin dei conti, lo è dato che il calcio è una delle industire di maggiore rivelanza del Paese e già profondamente colpito sul piano economico dal Covid-19) e allo stesso tempo con la propria sopravvivenza, riuscirà a dare una risposta in tempi ristretti.

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Giuseppe Conte (Getty Images)
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