Inchiesta Plusvalenze, Arrivabene non ci sta: ‘attacco’ in diretta tv

Le dichiarazioni dell’Amministratore delegato della Juventus Maurizio Arrivabene prima del match di Champions contro il Malmoe

“Quello che dovevamo dire, lo abbiamo detto in un comunicato stampa. Ho grande rispetto per il lavoro di tutti, ma come Juventus pretendiamo rispetto”. Maurizio Arrivabene ‘tuona’ sulla questione plusvalenze prima del match di Champions contro il Malmoe.

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Juventus-Malmoe, Arrivabene sulla bufera plusvalenze
Arrivabene insieme a Pavel Nedved ©LaPresse

Sono stato sentito come persona informata dei fatti, ciò che ho detto è coperto da segreto istruttorio – ha aggiunto l’Amministratore delegato dei bianconeri al microfono di ‘Sky Sport’ – Siamo una società quotata in borsa e per questo motivo soggetti a dei controlli molto rigidi da parte di tutte le autorità. Detto ciò, noi collaboriamo con tutti e con grande rispetto”.

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Juventus, Arrivabene tuona: “Basta processi mediatici, vogliamo rispetto”. La Procura non cerca più la ‘carta’ Ronaldo

Juventus-Malmoe, Arrivabene sulla bufera plusvalenze
Arrivabene insieme a Pavel Nedved ©LaPresse

A me, però, non piacciono i processi mediatici – ha rincarato Arrivabene – Ci sono opinioni che poi non sono seguite dai fatti. Da parte nostra non possiamo fare altro che andare avanti, c’è una partita di Champions da giocare e i nostri calciatori fanno il loro lavoro. Lo stesso i dirigenti, ma ripeto: basta processi mediatici, vogliamo rispetto“.

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A proposito sempre dell’inchiesta, come svelatovi in esclusiva da Calciomercato.it i magistrati della Procura torinese hanno cessato le ricerche della famosa ‘carta’ che dimostrerebbe, stando alle intercettazioni emerse, delle presunte irregolarità nel rapporto tra Cristiano Ronaldo e il club targato Exor. Sempre stando a quanto raccolto dalla nostra redazione, la chiusura delle indagini per falso in bilancio è vicina alla chiusura. Cosa rischia la società bianconera? Dal punto di vista sportivo, una ammenda. Sul piano penale, invece, bisognerà vedere se le accuse di falso in bilancio – la reclusione va dai 3 agli 8 anni in caso di società quotata in Borsa – verranno o meno ‘provate’.

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