Calciomercato Roma, Petrachi: “Erano convinti di chiudere con Conte”

L’ex ds Petrachi ha rivelato: “Sarei felice di rientrare alla Roma, ma alle mie condizioni. Pallotta si è fidato di persone sbagliate”

Una delle tante e immaginifiche illusioni della Roma degli ultimi anni è legata a Gianluca Petrachi. Il dirigente salentino che, nonostante gli accorati tentativi di Cairo di trattenerlo, ha deciso di lasciare il Torino per sposare la causa giallorossa. Le sue intuizioni sul mercato hanno portato diversi dei pilastri della compagine di Fonseca, compreso l’allenatore portoghese. Poi, però, come spesso succede nella Capitale, l’epilogo è stato fatale ed improvviso. Nell’intervista rilasciata al ‘Corriere dello Sport’, Petrachi ha ripercorso le tappe della sua avventura in giallorosso, fra retroscena di mercato e scenari futuri dai risvolti inattesi.

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CAIRO- “Non voleva farmi andar via e non ha mai accettato le mie dimissioni”

PALLOTTA- “Alla base c’è stata una mancanza di comunicazione fra me e Pallotta. L’ho visto due volte in tutto, ed al telefono non parlavamo perché non conosco l’inglese. Pallotta è un uomo visionario, ma il calcio è un mondo a sé. Si è fidato troppo di persone sbagliate e oggi forse si è reso conto di quanto menzogne gli hanno detto su Petrachi”.

FRIEDKIN- “C’è stato un pranzo di cortesia a dicembre, niente più. Mi sembrarono entusiasti di comprarsi la Roma e trovo molto positiva la loro presenza. Se mi richiamassero? Dovessi rientrare sarei felice ma, devo essere sincero, non lo farei a qualunque condizione. Io non cambio. Petrachi deve fare Petrachi”.

CONTE- “Alla Roma erano davvero convinti di chiudere con Conte. Veniva da un anno difficile, le beghe legali con il Chelsea. Era voglioso di sfide nuove, ma non è stata una trattativa che ho seguito io, era prima del mio arrivo”.

FONSECA- “Non mi sono mai pentito della scelta di affidargli la panchina, l’unica cosa che mi è dispiaciuta è che non ha speso nemmeno una parola per me dopo la mia rottura con la società”.

MERCATO- “Mkhitaryan lo presi in prestito gratuito e mi pagavano anche un po’ dell’ingaggio. Mi sono preoccupato anche di curarlo, con dei lavori specifici in piscina. Smalling? Mi chiamò un agente italiano per dirmi che potevamo averlo in prestito. Pensai ad una bufala. Smalling era uno di quei marcatori in via di estinzione, un leader silenzioso. Pedro l’avevo praticamente chiuso io, ma mi mandarono via prima di formalizzare”.

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