Roma, Petrachi torna a parlare: “A Trigoria c’è un sistema malato”

L’ex direttore sportivo della Roma, Gianluca Petrachi è tornato a parlare: “Esperienza mortificante, volevo cambiare le cose”

Allontanato dalla società giallorossa, dove ricopriva la carica di direttore sportivo, Gianluca Petrachi è tornato a parlare della sua esperienza nella Capitale. L’ex dirigente, ai microfoni di ‘Radio Radio’, ha trattato molti temi: dal sistema, che ha definito “malato”, all’interno della Roma alla gestione del mercato.  L’esperienza in giallorosso mi ha mortificato. Perché io sono venuto a Roma con molto entusiasmo. Ho creduto tanto nel progetto Roma e a quello che mi hanno raccontato e detto”.

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“Voglio ricordare che per venire nella Capitale ho avuto una diatriba importante con il mio ex presidente, che ha fatto di tutto per trattenermi lì nonostante fosse il mio ultimo anno di contratto. Anche ora non è semplice, perché si tratta di una persona di potere. A me importava solamente venire a Roma per provare a cambiare qualcosa. Tutti dicono che l’ambiente Roma è difficile: se per 20 anni non si è vinto lo scudetto non è solo perché non ci sono stati buoni giocatori, dirigenti o direttori sportivi. Nella mia testardaggine, ho voluto pensare di cambiare questa situazione come sono riuscito a cambiare Cairo al Torino, che comunque mi ha aiutato e mi ha fatto crescere molto. Ecco, volevo venire a Roma per cambiare le cose e pensando di avere delle persone accanto che mi aiutassero a farlo”.

A cambiare le cose, a detta sua, Petrachi ci stava anche riuscendo inizialmente. “Per sei mesi mi hanno capito e sostenuto. Fino a dicembre-gennaio ho fatto tanto con l’aiuto della società. Provate a chiedere quanto rigore e disciplina ci fossero a Trigoria, quanta gente ho allontanato, quanti non venivano più nel centro sportivo, quante multe ho fatto che sono state pagate. Ho spiegato che per vincere bisogna partire dalle basi e avere alle spalle una famiglia forte con cui fare la guerra. L’unione e la compattezza nella struttura Roma non c’è mai stata: ci si parlava dietro e ci si prendeva a male parole appena voltate le spalle”.

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Roma, Petrachi al veleno: “Mi stavano scavando la fossa”

Petrachi Roma
Gianluca Petrachi (Getty Images)

Gianluca Petrachi ha voluto togliersi dei sassolini dalla scarpa riguardo al suo trascorso come direttore sportivo dei giallorossi. “A Roma c’è un sistema malato, dove tutti pensano di avere notizie, chiamandomi e facendomi pressioni. Ho fatto una comunicazione in semplicità, poi la Roma sapeva chi prendeva quando mi hanno scelto. Nelle mie conferenze stampa sono stato sempre molto pacato e tranquillo, evidenziando alcune situazione che non mi piacevano. Sbagliando forse qualche verbo o dicendo qualche parolaccia. Era più facile abbattere me, perché il sistema comunicazione aveva voglia di farmi cadere. Quando poi la società non mi ha difeso, sono andato avanti per la mia strada pensando che la società mi aiutasse”.

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L’ex ds della Roma ha rivelato anche il momento esatto in cui ha capito che sarebbe stato impossibile recuperare il rapporto con la proprietà americana. “A un certo punto alla mia persona di riferimento, verso gennaio, ho domandato se il presidente fosse soddisfatto del mio lavoro. Non parlo bene l’inglese, per questo non ho avuto sempre un rapporto diretto. Mi sono sempre state raccontate delle cose. Sotto Natale abbiamo vinto a Firenze, eravamo quarti in classifica, e ho mandato a Pallotta un messaggio carino a cui non ha mai risposto. Ci sono rimasto male e mi sono chiesto se fosse accaduto qualcosa. Lì ho compreso che mi stavano scavando la fossa e stavano cercando di distruggermi in maniera parecchio subdola. Ho sperato nel confronto con il presidente, che però non c’è mai stato. Ho perfino provato a cambiare, chiedendo determinate cose, ma non mi è stato permesso”.

Infine, non è mancata una battuta sul mercato. “Ero libero di poter scegliere e non c’è stato nessun condizionamento. Molti parlavano di Baldini, ma non c’era nessuna lista della spesa da parte sua. Lui mi ha rispettato e ha sempre rispettato il mio ruolo. Da un punto di vista calcistico la Roma mi ha lasciato fare, ma il problema era il resto. Si diventa vincenti creando un gruppo e un ambiente, non avendo gente all’interno che rema contro o che spera che si vada male. Se c’è un cambio di modulo e devo proteggere questa segretezze, dovevo stare attento a quale steward mandare in giro. Come diceva Spalletti, ci sono dei topini a Trigoria. Kalinic? Ha pagato un avvio di stagione in difficoltà, poi ha giocato bene. Avrebbe fatto meglio se avesse giocato di più, ma in ogni caso non parliamo di un giocatore pagato 20 milioni”.

 

 

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