Beffa Milan, il Tribunale dice no: arriva il comunicato UFFICIALE

Il logo del Milan non può essere registrato a livello internazionale a causa della somiglianza con un altro stemma in Germania utilizzato per prodotti di cancelleria

Vicenda senza dubbio curiosa quella che sta coinvolgendo il Milan e il suo logo, senza dubbio tra i più importanti e storici a livello mondiale. Il club rossonero aveva presentato ricorso a giugno 2020 contro l’opposizione della società tedesca InterES Handels-und Dienstleistungs Gesellschaft mbH & Co KG nei confronti della domanda di registrazione internazionale – da parte del club di via Aldo Rossi nel 2017 – all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del suo logo.

scaroni milan logo
Paolo Scaroni © LaPresse

Oggi il Tribunale ha nuovamente espresso parere sfavorevole al Milan: “Il Tribunale conferma che il segno che rappresenta lo stemma della squadra di calcio AC Milan non può essere oggetto di registrazione a livello internazionale in quanto marchio che designa l’Unione per articoli di cancelleria e per ufficio. L’elevata somiglianza fonetica e la media somiglianza visiva di tale segno con il marchio denominativo anteriore tedesco MILAN comporta un rischio di confusione da parte dei consumatori che impedisce la loro protezione simultanea nell’Unione. Una registrazione internazionale di un marchio che designa l’Unione europea produce gli stessi effetti della registrazione di un marchio dell’Unione europea ed è soggetta alla stessa procedura di opposizione delle domande di marchio dell’Unione europea”.

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Il comunicato del Tribunale specifica: “In primo luogo, il Tribunale rileva, sulla base di una serie di elementi di prova, in particolare fatture e materiale pubblicitario in lingua tedesca, che il marchio anteriore è stato oggetto di un uso effettivo in Germania. In secondo luogo, il Tribunale constata che il marchio anteriore è stato utilizzato sul mercato tedesco, da un lato, come registrato e, dall’altro, in una forma modificata caratterizzata, in particolare, dall’aggiunta di un elemento figurativo che rappresenta la testa di un uccello, simile a un rapace. In tale contesto, il Tribunale sottolinea che, se è vero che l’elemento figurativo aggiuntivo non è insignificante, esso non può essere considerato dominante e tale da alterare il carattere distintivo dell’elemento denominativo che costituisce il marchio anteriore, come registrato”.

In terzo luogo – continua la nota -, il Tribunale considera che, anche se l’elemento figurativo del marchio richiesto non sarà ignorato dal pubblico di riferimento, in particolare a causa delle sue dimensioni e della sua posizione, l’attenzione del pubblico di riferimento non sarà tuttavia concentrata su tale elemento. Infatti, l’attenzione di tale pubblico sarà attirata dall’elemento denominativo costituito dalle lettere “ac” e dalla parola “milan”, poiché esse sono riprodotte in lettere maiuscole e con caratteri stilizzati, e l’elemento che formano supera notevolmente l’elemento figurativo in lunghezza. Di conseguenza, il Tribunale considera che l’elemento “ac milan” costituisce l’elemento dominante del marchio richiesto.

“In tale contesto, il Tribunale constata che, sebbene una parte del pubblico di riferimento possa percepire l’elemento denominativo “ac milan” nel marchio richiesto come un riferimento a tale squadra di calcio della città di Milano (Italia), i segni in conflitto, che presentano un’elevata somiglianza sul piano fonetico, fanno entrambi riferimento alla città di Milano. Per quanto riguarda l’argomento dell’AC Milan secondo cui il marchio richiesto gode di notorietà in Germania a causa della reputazione di tale società calcistica, il Tribunale osserva che solo la notorietà del marchio anteriore, e non quella del marchio richiesto, deve essere presa in considerazione per valutare se la somiglianza dei prodotti designati da due marchi sia sufficiente a far sorgere un rischio di confusione. Di conseguenza, il Tribunale dichiara che le somiglianze dei due segni in questione sono, nel
loro insieme, sufficienti per concludere che esiste un rischio di confusione”.

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