Coronavirus, il racconto shock dell’ex deputato: “Pensavo di morire. In ospedale al freddo e senza cibo”

Mario Sberna, ex deputato di Scelta Civica, rivela alcuni retroscena toccanti della sua lotta al coronavirus: “Eravamo in trenta ma c’erano solo tre bombole d’ossigeno”

Mario Sberna, ex deputato “francescano” eletto alla Camera nel 2013 con Scelta Civica, famoso perché si recava a Montecitorio in sandali e cravatta e perché del suo stipendio tratteneva solo 2500 euro con il resto donato ai poveri, ha rivelato di aver contratto il coronavirus. Ai microfoni del ‘Corriere della Sera’ ha raccontato i retroscena toccanti della malattia e della sua esperienza in ospedale.

Ecco le sue parole:  “A marzo eravamo in trenta nella lavanderia del Civile adibita a reparto Covid. C’erano solo tre bombole d’ossigeno. Un inferno senza cibo e coperte, con un solo wc. Peggio di certi ospedali del Burundi, che ben conosco. Ho avvertito i primi sintomi nei primi giorni di marzo, è stato il mio medico di base, che poi si è ammalata di coronavirus, forse per colpa mia, a dirmi di andare in ospedale. Mi sono presentato l’11 marzo. Facevo fatica a reggermi in piedi. Lì ho vissuto quattro giorni d’inferno. Credevo di morire, di non rivedere più mia moglie e i miei cinque figli. Sono finito nella lavanderia dell’ospedale, adibita a reparto Covid. Posso dirle che certi ospedali della diocesi realizzati in Burundi e in altri paesi del Sud del mondo, che conosco bene, sono organizzati meglio”.

Scene da brividi: “Vicino a me c’era un’84enne di Mantova attaccato al respiratore. Una notte è peggiorato, l’hanno caricato su un’ambulanza e hanno dato a me la sua bombola. Poi ricordo il freddo cane: le porte erano sempre spalancate ma non avevamo coperte. Non c’era cibo. La mia rabbia è contro la dirigenza dell’ospedale (che non ho mai visto in reparto) e contro chi gestisce il sistema sanitario in Lombardia: servivano servizi aggiuntivi d’urgenza, che non sono stati garantiti”.

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