Per l’allenatore è un match “difficile da spiegare”. Condizione, testa e singoli: la partenza flop non è un caso
INTER TORINO SPALLETI HANDANOVIC / Houston, abbiamo (più di) un problema. Lo schiaffone di Reggio Emilia al debutto con il Sassuolo sembrava avesse fatto bene. Poteva essere la secchiata d'acqua gelida che ti risveglia all'improvviso dopo un'estate vissuta tra i sogni di un calciomercato di alto profilo. Ma evidentemente la lezione non è bastata. Col Torino finisce 2-2, in un 'San Siro' vestito a festa per la prima stagionale in casa. E ad un certo punto poteva anche finire peggio. Di sei punti sulla carta alla portata, l'Inter ne ha portato a casa solo uno e dopo due giornate si ritrova a -5 da Juventus, Napoli, Spal e, potenzialmente, una tra Roma e Atalanta. La speranza nerazzurra è che, contrariamente a quanto successo negli anni passati con partenze sprint poi affossate da un finale di stagione disastroso, quest'anno l'andamento si possa ribaltare andando avanti nella stagione. Ma ora deve reagire, a partire dal tecnico Luciano Spalletti.
“Difficile spiegare i motivi di un match dai due volti. Dobbiamo ancora costruire una mentalità” le parole dell'allenatore dell'Inter al termine dell'incontro fanno giustamente suonare un campanello d'allarme. La partita era stata preparata bene, anche dal punto di vista tattico, visto che con lo schieramento di partenza con la difesa a 3 che già la scorsa stagione aveva dominato il Toro di Mazzarri (pur perdendo immeritatamente) il primo tempo è stato abilmente controllato e chiuso con il doppio vantaggio che faceva presagire una ripresa in passerella. Lì, però, è arrivato il solito blackout. Atteggiamenti opposti al ritorno in campo, con i nerazzurri molli ed in difficoltà anche fisica ed i granata all'attacco, destinati a rientrare in partita e pareggiarla anche senza gli assist di Handanovic (folle l'uscita sul primo gol di Belotti, in ritardo sul tiro deviato di Meité). Brutta abitudine che questa squadra non riesce ancora a togliersi di dosso, con l'ormai innata tendenza a non reagire quando subisce ed a sentirsi appagata sempre troppo presto. Alzare la tensione annullando il giorno di riposo previsto per oggi è un primo passo, ma non basta.
La condizione crescerà, magari già a partire dalla partita di Bologna, ma la mancanza di lucidità nei momenti chiave della partita è un tema ormai troppo ricorrente. Anche per l'allenatore, che è stato sicuramente condizionato dai cambi obbligati di Vrsaljko e Asamoah acciaccati, ma non si accorge di un Marcelo Brozovic, al quale sono state affidate completamente le chiavi della squadra (soprattutto in attesa di Nainggolan) in evidente difficoltà, e inserisce l'uomo che può dare la scossa (e la dà subito, fornendo un assist d'oro a Icardi), Lautaro Martinez, solo al 91'. Dettagli, ma non da poco. E nella somma finale fanno sempre la differenza, come sa bene l'Inter che nella passata stagione ha conquistato la qualificazione alla Champions League per il vantaggio negli scontri diretti con la Lazio. Ora tocca innanzitutto capire a Spalletti perché l'Inter non sa vincere quando deve e spiegarlo, prima ai suoi e poi sul campo.




















