L’allenatore giallorosso traccia un bilancio della nuova esperienza in panchina
ROMA DI FRANCESCO / L'allenatore della Roma Eusebio Di Francesco, ospite al Festival del Calcio a Firenze, ha commentato le ultime news Roma tracciando un bilancio della sua nuova esperienza sulla panchina giallorossa (“Se mi aspettavo un terzo ritorno? Assolutamente no. La casualità e il destino hanno voluto che tornassi a Roma, una cosa unica che sto seguendo con entusiasmo e voglia”), tra le pressioni dell'ambiente (“Se dovessi andare dietro alle chiacchiere farei ancora più errori”, l'attesa per poter impiegare con continuità il colpo di calciomercato Schick (“Mi farebbe impazzire allenarlo!” ha detto sorridendo) e l'imminente sfida in campionato contro il Napoli (“Non è uno spareggio”).
Roma, parla Di Francesco: da Dzeko e Schick al match col Napoli
RITORNO A ROMA – “Se mi aspettavo un terzo ritorno? Assolutamente no. La casualità e il destino hanno voluto che tornassi a Roma, una cosa unica che sto seguendo con entusiasmo e voglia. Il passaggio da calciatore ad allenatore? Sono ruoli differenti: il calciatore pensa a se stesso, l'allenatore invece ha una società alle spalle, deve gestire uno staff e tantissimi calciatori, per i quali non esiste solo il campo”.
MODULO – “Sono subentrato in alcune situazioni in cui la squadra è stata costruita per un 4-4-2 e mi sono adattato. Potrà succedere ancora, non significa nulla, importa seguire sempre una filosofia. L'allenatore dipende tanto dal calciatore e viceversa. Se l'allenatore della Roma deve aderire al volere popolare o essere disincantato, come Capello? Il disincanto non è sinonimo di vittoria. Sono molto distaccato da altre dinamiche, se dovessi andare dietro alle chiacchiere farei ancora più errori. Non si vince sbagliando, ma si vince sbagliando meno”.
DZEKO – “Ribadisco che ha sbagliato (il riferimento è alle dichiarazioni dell'attaccante dopo Roma-Atletico, n.d.r.), ma al di là di Edin, per dare forza a un lavoro ci sono i risultati. E' difficile, ma in generale e non solo a Roma. Altrimenti puntiamo sempre il dito contro i giornalisti e invece tutti danno retta a tutti. Se avessimo tutti un'unica idea ci sarebbe qualcosa che non va. E' giusto esprimere il proprio giudizio con rispetto, non molti l'hanno fatto. Il tempo è fondamentale per trasmettere un'idea di gioco. Per far crescere un'azienda ci vogliono anni, figuriamoci una squadra di calcio. Ricordiamoci di Sarri e delle difficoltà da lui avute inizialmente, va dato merito a chi lo aspettato. Siamo partiti con un ritiro e una tournée in cui ci siamo allenati poco, abbiamo sfidato PSG, Tottenham e Juve senza perderne nemmeno una. Nell'apprendimento si passa dalle cose facili a quelle difficili, noi siamo partiti da quelle difficili. Poi c'è stata la sconfitta con l'Inter in cui nel giudizio ha fatto la differenza il risultato, io guardo la prestazione. Edin con l'Atletico Madrid ha toccato pochi palloni, anche per demerito suo. A fine partita anche io posso dire cose non giuste, come i giornalisti che scrivono di getto. Io faccio fatica a guardare la mia squadra, mi metto nei panni di chi scrive di tutto questo, capisco che bisogna adattarsi”.
IL RAPPORTO CON I MEDIA – “Ora dipende dai contesti, ci si avvicina meno ai giornalisti ma è la normalità, spesso si va più alla ricerca del pettegolezzo che dei concetti validi. I social hanno cambiato un po' tutto, senza voler fare critica. I particolari fanno la differenza. Vi assicuro che i giocatori leggono le vostre pagelle e questo può influire, magari si vive con peso questa realtà. Io la vivo in modo diverso, accetto ogni giudizio perchè è giusto fare così”.
ROMA-NAPOLI – “Se ho già studiato per il Napoli? Assolutamente sì. Ricordo la partita dell'anno scorso: ai punti il Napoli ha meritato la vittoria ma nel finale la Roma poteva fare 3 gol. Con il Sassuolo pareggiai al San Paolo. Magari non è una sfida-spareggio, ma è una partita fondamentale. Ogni partita, piccola o grande che sia, la facciamo diventare importante, questa avrà un gusto particolare”.
SCUDETTO – “La squadra da battere resta la Juve. Roma e Napoli sono quelle che si sono avvicinate di più. La Roma ha cambiato di più, in primis l'allenatore, ma non vuol dire che siamo meno competitivi, siamo qui per crescere. Ci dispiace non aver giocato a Genova, a livello psicologico un po' pesa e a lungo andare può pesare”.
SCHICK – “Mi farebbe impazzire anche poterlo allenare (ride, n.d.r.). Si vede che ha l'istinto del campione. Non sto a dire in che ruolo giocherà, magari cambierò qualcosa a livello tattico ma è un attaccante, non solo una prima punta. Dipende sempre dal sistema di gioco. Se andate a vedere le cose migliori alla Samp le ha fatte partendo dal centrodestra. Non diamo però giudizi affrettati. Ho allenato tanti giovani e vi dico che vanno aiutati”.




















