Il tecnico bianconero ha parlato della sua esperienza torinese
JUVENTUS ALLEGRI BONUCCI / Massimiliano Allegri fa il punto sulla sua esperienza sulla panchina della Juventus. Il tecnico, tra gli argomenti affrontati in una lunga intervista rilasciata a 'Premium Sport', ha parlato anche dell'addio di Leonardo Bonucci, che in questo calciomercato estivo ha deciso di accasarsi al Milan: “A me è dispiaciuto molto. Leo doveva essere il capitano futuro della Juventus, l'uomo spogliatoio per il futuro, trasmettere quello che è la Juve ai ragazzi. Però ha fatto una scelta. Non va fatta una colpa a lui, alla società o all'allenatore. La colpa non è di nessuno. Rapporto coi calciatori? Mi piace scherzare e avere un rapporto con i giocatori, non amichevole, sempre di rispetto. Non c'è niente di male se l'allenatore si mette a giocare a basket o fare una sfida a porticine con un calciatore. Il dna della Juventus è vincente e soprattutto c'è una grande disciplina, ci sono delle regole da rispettare. Questo è molto importante per i giocatori. Chi arriva qui se può essere da 8, riesce a essere da 9. Il Presidente Agnelli è giovane, ha grandi idee è molto bravo a miscelare la tradizione di una famiglia insieme ai suoi propositi per l'estero per far diventare la Juve una società a livello mondiale”.
Juventus, Allegri: “Due finali in tre anni non è da poco!”
Allegri, che di recente ha ammesso di aver pensato alle dimissioni dopo Cardiff, ha poi parlato del suo primo approccio con la Juve, che nel 2014 lo scelse per il dopo Conte: “Nella mattina del 16 luglio c'erano in ballo diverse cose, la Nazionale… e ho ricevuto una telefonata sull'incontro con i dirigenti della Juve nel pomeriggio. Io non riuscivo a capire. Scoprii che Conte si era dimesso quando alla sera stavo andando dal Presidente. Mi chiesero se fossi disponibile e io riposi di sì perché credevo che quella squadra avesse ancora molto da dare. Veniva da tre anni di successi in Italia e pensavo che potesse fare qualcosina di meglio anche in Europa”.
Il tecnico ha fatto il punto sulle ultime news Juventus e sulle finali di Champions perse: “Fare due finali in tre anni non è una cosa da poco. Mi è dispiaciuto che tanti non abbiano apprezzato quanto abbiamo fatto. L'apprezzeranno poi in futuro, fra qualche anno capiranno. Magari alla terza finale vinciamo: anche quest'anno comunque faremo una grande Champions. Quale partita vorrei rigiocare tra la finale di Berlino, il ritorno degli ottavi con il Bayern a Monaco e la finale di Cardiff? Vorrei giocare a Kiev. Settimo scudetto? Dico solo che il 7 è un bel numero. I ragazzi ormai hanno un dna vincente e soprattutto c'è una grande disciplina, ci sono delle regole da rispettare. Qualsiasi giocatore che arriva alla Juventus, se può dare otto, alla fine riesce a fare nove”.
FUTURO – “Molti hanno paura di invecchiare, ma io dico che fortunatamente si invecchia: l’importante è mantenere acceso il fuoco della passione. Se uno ha passione, trasmette anche agli altri la voglia di lavorare. E io, a fare l’allenatore, mi diverto ancora”.
IL REAL – “Con il Real abbiamo disputato un bel primo tempo. Il pericolo era la ripresa anche perché avevo due giocatori zoppi, Mandzukic e Pjanic. Il Real nella prima frazione ha compreso la difficoltà della partita e nella ripresa, uando ha ha capito che poteva schiacciare l'acceleratore, l'ha schiacciato. E così devono fare le grandi squadre. Nell'intervallo non è successo assolutamente niente. Mi sono divertito un sacco quest'estate: sono state inventate delle cose: sarebbe impossbile fare un film di quello che è venuto fuori a Cardiff. Dobbiamo ripartire da questa partita e avere la rabbia, positiva, dentro”.
I CAMPIONI – “Io preferisco sempre allenare i grandi campioni perché con loro ho un confronto significativo, tosto. Tevez era un leader silenzioso. Ibrahimovic è particolare, giocatore straordinario ma ogni tanto pretendeva che gli altri facessero le cose che faceva lui. Cercavo di farglielo capire. I giocatori non sono tutti uguali in una squadra di calcio: inutile che ci raccontiamo le favole. Buffon è diverso dagli altri. E' ancora il numero 1 nel suo ruolo e ha un futuro a livello dirigenziale, magari in federazione. Parlo con lui, mi confronto e a volte ha bisogno del sostegno dell'allenatore. Inzaghi? Un giocatore micidiale: quando arrivava la Champions, lui faceva sempre gol”.
TIFOSI – “Perché a fine partita mi infilo negli spogliatoi di corsa, senza passare sotto la curva? Fa parte del mio carattere. Io sono molto timido e mi dà quasi fastidio dare o ricevere dimostrazioni di grande affetto. Preferisco gioire dentro me stesso. Non riesco a essere costruito: come mi vedete, così sono. Ma ai tifosi sono molto legato, anche se a volte non si vede. E sono legatissimo anche alla mia città, Livorno: infatti quando mi tolgo le vesti di allenatore della Juventus, torno a essere 'Acciuga', come mi chiamano i livornesi da quando ero ragazzo”.




















