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Inter, Eto’o: “In nerazzurro grazie a Materazzi! Ecco cosa ha fatto Mou prima della finale di Champions”

La punta camerunense ha ripercorso i suoi anni in nerazzurro

INTER ETO'O / Ospite negli studi di 'E poi c'è Cattelan', Samuel Eto'o è tornato sui suoi anni trascorsi all'Inter, svelando aneddoti e curiosità. “Approfitto per ringraziare Materazzi – ha esordito la punta camerunense – perché, anche se non lo conoscevo quando ero in Camerun, ho ricevuto un messaggio firmato da lui. Non ci conoscevamo. Ho chiamato Albertini, avevo giocato con lui al Barcellona, gli ho detto 'Ho ricevuto un messaggio da una persona che si chiama Materazzi, puoi verificare che sia lui?'. Cinque minuti dopo mi è arrivata la conferma. Se ho giocato nell'Inter è stato grazie a Marco Materazzi”. Di seguito i passaggi più importanti: 

INIZI – “Ho mai pensato di farcela? Quando sono arrivato in Europa sì, ma in Africa le opportunità non sono molte e allora ci sono momenti in cui dubiti. Quando sono arrivato al Real Madrid ho detto: 'Questa è la mia strada, succeda quel che succede ce la farò'. Sono arrivato grazie ad un giocatore che si chiama Pirri, giocava nel Madrid, un grandissimo giocatore, mi vide giocare contro la Nazionale giovanile della Costa d’Avorio e mi disse 'Vuoi venire a fare un provino nel Real?'. All'inizio non ci credevo, ma ci andai, incontrai Roberto Carlos, Raul, Redondo, erano i miei idoli. E avevo Fabio Capello come allenatore. Ricordo che dopo l’allenamento Capello arrivò è mi disse: ‘'Tu resti qui'”.

FINALE CHAMPIONS INTER-BAYERN – “Mourinho fece una cosa che in pochi avrebbero fatto. Tenne il suo discorso al gruppo e poi disse: 'Ora Samuel ci dirà come vinceremo questa sera'. E per questo devo ringraziarlo. In finale vince chi scende in campo per vincere, non chi scende in campo per giocare. Ognuno di noi pensava che avevamo sofferto per arrivare alla finale, avevamo superato tappe come Barcellona, Chelsea, erano più di quarant'anni che non vincevamo e il nostro pubblico desiderava solo questo, c'era molta emozione e ricordo di aver detto ai compagni di aver giocato molte finali, ma questa era la più importante. Dovevamo fare qualcosa per un popolo, un pubbllico che se lo meritava. E allora ho detto: 'O moriamo in campo e portiamo a casa la coppa o moriamo perché non torniamo a Milano con la coppa', questo dissi e per fortuna è andato tutto al meglio e siamo tornati a Milano con la coppa”.

D.G.

 

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