L’estremo difensore del Vaduz è pronto ad incrociare i guanti con la Nazionale di Giampiero Ventura nella gara di qualificazione ai mondiali di Russia 2018
QUALIFICAZIONI MONDIALI RUSSIA LIECHTENSTEIN ITALIA PETER JEHLE / ROMA – Sabato sera l'Italia di Giampiero Ventura se la vedrà con il modesto Liechtenstein, in un match valevole per le qualificazioni ai prossimi mondiali di calcio russi. Ai microfoni de 'La Repubblica' è intervenuto l'estremo difensore e capitano della selezione guidata da Rene Pauritsch, Peter Jehle. Trentaquattro anni, Jehle – entrato nella storia per aver parato un rigore ad Ibrahimovic – è l'uomo simbolo del calcio del suo paese, pronto ad infrangere il record di presenze attualmente detenuto da Mario Frick.
IL RIGORE STORICO E IL PARAGONE CON I COLLEGHI – “Dopo il rigore parato a Ibra, per un po’ il mio nome è diventato famoso. Ma se penso a una notte magica, ricordo il 2-2 contro il Portogallo nel 2004, qualificazioni mondiali. Per noi è molto difficile fare punti, certi momenti restano nella storia. Differenze tra me e gli altri portieri? Non ne vedo. Non cambia se ti chiami Gigi Buffon e giochi con la Juve e l’Italia o se ti chiami Peter Jehle e indossi la maglia del Vaduz e del Liechtenstein. Tutti abbiamo un pensiero fisso: salvare la nostra porta. Per un portiere, ogni rete subita è una ferita, fa male in qualsiasi categoria, a qualsiasi latitudine. Se mi metto a pensare, entrando in campo, che posso prenderne otto, divento triste (Jehle ha già subito più di duecento goal solo nelle partite di qualificazione,ndr). Invece, provo solo a giocare la miglior partita della mia vita”.
LA LEGGENDA BUFFON – “E' una leggenda per me. Gli chiederò la maglia. Lui ha esordito a 16 anni in A, io alla stessa età in nazionale. Abbiamo qualcosa di simile in fondo al cuore. Lo vedo da come canta l’inno, da come festeggia le vittorie. È uno che restituisce alla gente una parte di quello che riceve. Il mio amico Lichtsteiner mi racconta che è un vero leader anche fuori dal campo”.
NESSUNA PAURA DELL'ITALIA – “E perché dovrei averne? Io sono fortunato. Giocare per il mio paese è un regalo immenso. Affrontare l’Italia sarà fantastico, di cosa dovrei avere paura? Tantissimi italiani sono emigrati qui. Durante l’Europeo a ogni vittoria c’era un carosello d’auto. Il mio miglior amico è calabrese, da bambino con i miei passavamo le estati a Caorle, in viaggio di nozze con mia moglie Carmen siamo stati sul lago di Garda e a Verona. Con il Boavista ho giocato a Palermo. E mia madre, che canta in chiesa, ogni due anni va a Roma dal Papa”.
F.S.




















