L'ex bandiera rossonera non risparmia critiche aspre nei confronti della sua ex societa'
MILAN INTERVISTA MALDINI / MILANO – Paolo Maldini parla a 360 gradi del suo calcio. L'ex difensore del Milan e della Nazionale ha toccato diversi temi nell'interivista rilasciata a 'Repubblica', a partire dal suo futuro: “Allenatore? Mai preso in considerazione, perché ho visto mio padre e la vita da nomade che faceva. Non fa per me. E poi, se uno fa l'allenatore, deve aprire a tutte le possibilità, come ha fatto legittimamente Leonardo: non può pensare di allenare solo il Milan. Perciò, visto che io non penso di potere lavorare in un altro club italiano, le possibilità che io alleni sono pari allo zero. E in un altro paese poco di più”.
MILAN – Parliamo del Milan, perché io ho avuto la fortuna di partecipare a 25 anni splendidi. Beh, quando sono arrivato, io ho trovato già una grande base per costruire una grande squadra: grandi calciatori e grandi persone. Berlusconi è arrivato e ci ha insegnato a pensare in grande. Certo, con gli investimenti, perché comprava i migliori. Ma lui ci ha messo la mentalità nuova, soprattutto. Poi, a poco a poco, questo si è perso e il Milan si è trasformato, da squadra magica, in una squadra assolutamente normale. E sa perché? Perché a differenza di tanti grandi club europei con un passato simile, tipo Real, Barcellona e Bayern, dove chi ha scritto la storia della squadra è andato a lavorare lì per trasmettere ai giovani quello che aveva imparato, nel Milan la società stessa ha smesso di trasmettere quel messaggio, al di là degli investimenti. All'interno del Milan attuale non c'è nessuno, tra quelli che ne hanno fatto la storia, ad avere un ruolo non marginale. Io vedo sinceramente poca programmazione. Magari mi sbaglierò, ma certe scelte di giocatori, anche se a parametro zero, sono lontane dall'idea di un programma studiato”.
ALLEGRI – “Allegri, l'anno scorso, mi disse che aveva bisogno di qualcuno che controllasse anche lui: “Paolo, chi mi dice se ho sbagliato qualcosa anche tatticamente e nella gestione dello spogliatoio, che ricade solo su di me?”. Gli serviva uno che avesse la personalità per parlare con i giocatori importanti, con Ibra, con Boateng, con altri in modo autorevole. E lui pensava che io, col mio passato, potessi farlo. Max mi chiamò quando ero in vacanza negli States, dicendomi appunto che mi voleva parlare, perché aveva bisogno di me per gestire il gruppo. Ci siamo visti, ci siamo sentiti al telefono e io lo avvisai che questo avrebbe potuto rappresentare un problema per lui. Allegri mi disse che aveva parlato con la società e che sembrava tutto ok. Poco dopo, via sms, mi scrisse che mi avrebbe chiamato entro pochi giorni. Era l'ottobre del 2011, non l'ho più sentito. Io non ho mai cercato nessuno, lo ripeto. E' stato sempre il contrario”.
GALLIANI – “Non mi vuole? Può darsi. E' il dirigente che ha vinto di più ed è anche legittimo che faccia le sue scelte e si scelga i collaboratori in cui crede. Ma vorrei sfatare la diceria che io sarei uno della famiglia. Non è vero: non mi vogliono così spasmodicamente”.
ITALIA – “Pirlo è un giocatore unico, Buffon un portiere eccezionale, Barzagli il migliore difensore, De Rossi un grande centrocampista anche se gioca poco. In questo momento mi piace tanto El Shaarawy”.
PATO – “Dissi un anno fa: quando lo vedrò trascinare una squadra non solo con le giocate, ma col carattere, potrò dire che può diventare uno dei primi tre al mondo. Oggi devo sospendere ancora il giudizio”.




















