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LA LAVAGNA TATTICA – La fisicita' offensiva del Torino di Ventura

Il calcio e' tecnica e corsa, ma la componente strategica e' sempre piu' importante. L'intento di questa rubrica e' proprio spiegare quali siano i 'piani' degli allenatori

 

TORINO TATTICA VENTURA / MILANO – Il pretenzioso progetto tattico di Ventura, fondato su un aggressivo 4-2-4, si basa su una rigorosa coordinazione dei movimenti in campo e, soprattutto, sulla fisicità del suo Torino.

UNA SQUADRA POTENTE – Questi granata sono squadra con tanta corsa e tanti muscoli. Per intendersi, nell'undici titolare (sceso in campo contro la Sampdoria), non c'è nessun giocatore al di sotto dei 180 centimetri. Una squadra potente, insommma, in grado di occupare il campo con tanta fisicità. Ma il Toro non difetta nemmeno nella corsa: forti di un ottimo momento di forma fisica, i granata si muovono all'unisono e mantengono un pressing altissimo. Stare corti e compatti in fase difensiva e allargarsi quando si attacca, sono le parole d'ordine del 4-2-4 di Ventura.

DIFESA BLOCCATA – Schieramento a 4 molto 'pesante' e bloccato. Glik è il 'poliziotto cattivo': ruvido e fisico, non lascia mai la zona del centrodestra. Ogbonna, invece, ha talento e personalità: fondamentale nel comandare il reaprto e, soprattutto, rilanciare l'azione. Anche con proprompenti discese palla al piede. I terzini, normalmente, sono Darmian e Masiello. E la loro principale prerogativa è il mantenere la posizione e difendere.Compattezza e 'presenza' in campo, sono le parole d'ordine del reparto.

MEDIANA D'EQUILIBRIO – Vives e Gazzi compongono, di norma, la linea mediana a due. Sulle loro spalle gravano gli equilibri del Torino. Gazzi è stato fortemente voluto da Ventura – che lo aveva già allenato a Bari -, il quale lo reputa fondamentale sia dal punto di vista della corsa, sia da quello dell'intelligenza tattica. Il rosso centrocampista, infatti, ha polmoni d'acciaio, ma anche un innato senso della posizione: qualità fondamentali per coprire tutto il centro del campo. Vives è meno dinamico. Però ha il fosforo e il piede sensibile. Sua è la capacità di accelerare il gioco e smistare la palla con velocità, per consentire ai 4 davanti di sfruttare ripartenze e occasioni d’attacco.

ATTACCO INNOVATIVO – Il vero segreto del Torino di Ventura, però, è il quartetto d'attacco. Due ali più due punte. Fine ultimo? Allargare il gioco con le ali e, velocemente, far arrivare palla agli attaccanti, in modo che possano concludere. La velocità è importante: se non è garantita, gli spazi – che vengono occupati da 4 attaccanti e dai loro marcatori – si chiudono irrimediabilmente. Proprio per questo – semi-intoccabile il 'puntero' Rolando Bianchi, per via di fisicità e senso del gol – è molto importante, nei piani di Ventura, Meggiorini: una seconda punta agile, ma potente: in grado di saltare l'uomo e in costante movimento all'ombra del centravanti. Dai suoi piedi possono nascere assist o tiri improvvisi. Principale alternativa è Sgrigna che, con la sua classe, può garantire maggior verticalità e qualche passaggio migliore, portando però meno movimento. Sulle fasce si è imposto il redivivo Santana: ritrovata la convinzione, l'argentino, partendo da sinistra, è utile sia al tiro, sia al cross. Un tattico e tecnico centrocampista offensivo. Dall'altra parte, piace Cerci: vera e propria ala mancina. Con movimenti d'attaccante, l'ex fiorentino è perfetto per tagliare da destra e puntare la porta. In organico ci sono anche il talentuoso ma compassato Stevanovic, Sansone, che è più punta, e il giovane Verdi, più tecnico che dinamico. A seconda delle occasioni, Ventura può comporre il quartetto più adatto. Fondamentale, come ovvio, deve essere però la copertura garantita dagli esterni e dalla seconda punta: le due ali, infatti, quando il Toro perde palla, si posizionano sugli esterni della mediana, per proteggere Gazzi e Vives. La seconda punta attua il pressing sulla trequarti, proteggendo il centro del campo. Al centravanti, invece, Ventura chiede una costante pressione su chi, tra gli avversari, fa partire l'azione. Insomma: un mix di corsa, potenza e movimenti pianificati a tavolino. Con lo scompo di garantire ritmo e occupare gli spazi. Quando il mix funziona, lo si è visto, il Toro sa fare male e divertire.

 

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