Distribuito dalla Disney e prodotto da Robert Zemeckis e Steven Spielberg, il film e' uscito nei cinema italiani il 25 novembre
REAL STEEL / ROMA – La pellicola, in parte basata sul racconto breve “Steel” del maestro di fantascienza Richard Matheson, è ricca di spettacolo, emozioni e colpi di scena. Il cast scelto per l’interpretazione dei personaggi “umani” è sicuramente di ottimo livello: nei tre ruoli principali troviamo attori del calibro di Hugh Jackman (celebre per l’interpretazione di Wolverine nei film degli X-Men), la sempre bellissima Evangeline Lilly (interprete della naufraga Kate nel celeberrimo telefilm “Lost”) ed il giovane Dakota Goyo che, a dispetto della sua giovanissima età, agisce sulla scena come un veterano. Nell’impianto del film sono riscontrabili alcuni spunti presi da film come “Rocky”, in cui alla fine il “buono” affronta il “cattivo” per sconfiggerlo, dal meno celebre “Over the Top” per il filo conduttore fornito dalla progressiva unione sentimentale fra padre e figlio on-the-road, oppure da “Gigante di Ferro”, i cui ovvi rimandi sono al protagonista robotico.
La trama di “Real Steel” si basa sull’assunto di un mondo non troppo lontano (l’anno 2020) in cui la boxe fra robot ha surclassato quella fra esseri umani, fornendo al pubblico la possibilità di assistere ad incontri più efferati. Un mondo nel quale un ex-pugile in disgrazia, che si è riciclato come tecnico di robot da combattimento di bassa lega, viene riconciliato con il figlio di 11 anni il cui affido era stato dato alla madre morta in un incidente. Dopo aver tentato addirittura di vendere il bambino alla sorella della ex-moglie, l’ex pugile Charlie si convincerà a tenere il figlio Max per l’estate: con lui troverà in una discarica e rimetterà in sesto un vecchio robot-pugile, uno dei primi costruiti, che si rivelerà, oltre che un’arma da combattimento formidabile, anche anello di ricongiungimento fra i due: la storia, benché calchi il solco ormai profondo dei trionfi sportivi legati a riconciliazioni sentimentali, riesce comunque a mantenere alto l’interesse grazie alla forte immedesimazione emotiva del pubblico. E come in ogni film “per famiglie”, alla fine arriverà la liberatoria happy end.
Il giovane regista Shawn Levy, alla sua quarta prova per il cinema dopo il remake de “La Pantera Rosa” del 1963, “Una notte al Museo” ed “Una notte al Museo 2”, offre il suo meglio portando a casa un film di buona qualità, pur senza eccessive pretese.




















