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Calcio e giovani, ecco perche' Thiago Alcantara gioca nel Barcellona e Ciro Immobile in B

Calciomercato.it analizza le lacune dei settori giovanili italiani a confronto col 'modello Barça'

Capita spesso in Italia di sentire fior di opinionisti criticare e puntare il dito contro il modello nostrano del calcio giovanile che non riesce a produrre giocatori interessanti con la stessa frequenza di quelli, ad esempio, inglese e spagnolo. Chiunque può riscontrare la veridicità di questo problema semplicemente guardandosi attorno con occhio critico. Come mai, ad esempio, Thiago Alcantara, classe 1992, segna all'esordio in campionato con il Barcellona mentre Ciro Immobile (tripletta in finale a Viareggio 2010), classe 1990, deve ancora secondo la Juventus 'farsi le ossa' in prestito a Pescara? O ancora, perchè nel Manchester United che demolisce 8-2 l'Arsenal a 'Old Trafford' trovano spazio i vari Welbeck ('90), Smalling ('89), Cleverley ('89) e Jones (1992), mentre da noi la partenza di Eto'o si rimpiazza comprando Forlan (1979)? Sicuramente parte della verità sta nel modulo tattico adottato dalle squadre italiane e straniere. All'estero, volendo sempre prendere ad esempio United e Barça, gli allenatori si cambiano di rado e gli schieramenti sono sempre gli stessi (4-4-2 per gli inglesi, 4-3-3 per i catalani) e dunque ben oliati. I giovani della scuola calcio imparano a svolgere un determinato ruolo e non hanno eccessivi problemi a inserirsi in prima squadra. Da noi funziona diversamente: l'allenatore arriva (in media una volta all'anno) e impone il suo modulo di gioco. Se persino uno come Sneijder fatica a inserirsi negli schemi di Gasperini figuriamoci un ragazzo di 18 anni. In più, c'è da considerare il fatto che in Italia si può giocare in Primavera fino a 19 anni, quindi si comincia a 'fare gavetta' più o meno a venti. Non potendo ancora fisicamente competere con calciatori maturi si viene inviati in prestito in Serie B o Lega Pro, e fino a 23 anni circa si viene considerati immaturi.

NON TARPIAMO LE ALI – Un altro fattore da considerare nella nostra analisi riguarda il metodo di allenamento dei settori giovanili italiani. Spesso infatti si punta a vincere più competizioni possibile senza guardare veramente allo sviluppo tecnico-tattico del singolo atleta. Se un ragazzo di 12 anni prova un doppio passo in partita probabilmente viene sgridato dal mister che predica il gioco di squadra 'un tocco e via' esattamente come accade in Serie A. Di conseguenza, non capiterà spesso che un giovane inserito in prima squadra si senta libero di mettere in luce la propria qualità tentando giocate spettacolari come avviene altrove.

REGOLE SBAGLIATE? – In campionati minori come la Serie D e l'Eccellenza sono in vigore alcune regole che disciplinano l'inserimento dei giovani in prima squadra: ogni tecnico ne deve schierare obbligatoriamente almeno quattro. Sul principio non si discute, ma quali possono essere le conseguenze? Molti ragazzi, generalmente i più fisici della squadra juniores, vengono tesserati per una o due stagioni e poi mandati via per far spazio a gente ancora più giovane. In questo modo non si aiuta la crescita dei talenti individuali nè la costruzione di un modello di squadra di cui i giovani siano parte integrante. La conclusione? Per realizzare il 'modello Barça' non sono sufficienti un paio di acquisti, ci vogliono piuttosto delle nuove regole e la pazienza necessaria. Roma non è stata costruita in un giorno: serve impegno da parte di tutti, a partire dalla Federazione per arrivare ai club e infine ai tifosi.

 

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