La storia di Igor Tudor: da giocatore ad allenatore della Juventus. Un leader carismatico dal carattere duro, che ha saputo trasmettere anche in panchina

In campo era un gigante di 193 centimetri e con un cuore ricco di passione. Oggi la stessa la trasmette ai suoi giocatori. Questo è Igor Tudor, uno che il calcio lo vive come una missione. Nato in Croazia nel 1978, è cresciuto con il pallone tra i piedi e la guerra sullo sfondo.
L’Hajduk Spalato ha rappresentato il primo amore come professionista, ma il vero colpo di fulmine che gli ha cambiato la vita, è scattato quando è approdato a Torino nel 1998 per indossare la maglia della Juventus come giocatore. Era un difensore roccioso, capace all’occorrenza di trasformarsi in un mediano.
Da giocatore, Tudor non mollava mai, si sarebbe gettato nel fuoco per la propria squadra. Oggi, tornato alla Juventus come allenatore, porta con sé quella stessa identica passione che non si è per nulla spenta. Il club bianconero gli ha affidato le redini, sperando che il guerriero croato sistemi una situazione difficile. Il futuro? Un punto interrogativo grande come una casa. Tutto dipenderà dall’esito di questa stagione pazza per i bianconeri.
La carriera di Tudor: un viaggio da gladiatore
A Torino, Igor è entrato in punta di piedi e ne è uscito come un titano. Due gli scudetti vinti come giocatore, nella stagione 2001-2002 e in quella 2002-2003, con una finale di Champions League (contro il Milan ndr), che ancora oggi fa rattristare i tifosi per il suo epilogo. Come detto, in campo non era solo forza, Tudor ci metteva il cuore, anche quando gli infortuni lo hanno colpito.
Finita la carriera da giocatore nel 2008, ha scelto di restare attivo nel mondo del calcio. La panchina dell’Hajduk Spalato è stato il punto di partenza, con una Coppa di Croazia nel 2013 che gli ha messo la prima medaglia al collo da tecnico. Poi non si è più fermato: PAOK, Galatasaray, Udinese, Verona, fino al Marsiglia, dove ha fatto vedere le sue qualità portando la squadra al terzo posto in Ligue 1.

Dopo un passaggio infelice alla Lazio, ora, la Juventus lo ha richiamato a casa, come un figliol prodigo che torna per rimettere le cose a posto. Con Tudor in panchina, la Vecchia Signora ha trovato una guida che non si farà di certo problemi a sporcarsi le mani, nonostante una situazione così delicata, come quella vissuta da traghettatore del post Thiago Motta.
Le squadre di Tudor sono spesso come lui: toste, dirette, senza fronzoli. Che si tratti di 3-4-2-1 o un 3-5-2, si riconosce un’identità bella evidente nelle sue squadre. A Verona, ha preso un gruppo in difficoltà e l’ha trasformata in piccolo un incubo per le big. A Marsiglia, i tifosi lo adoravano per la sua grinta che lo contraddistingue come leader. Oggi è chiamato a una nuova sfida, quella di sapersi meritare a lungo la panchina della sua Juventus. Non un’impresa così facile.
Igor Tudor, l’uomo oltre il campo: un’anima curiosa
E lontano dalle telecamere? Al di fuori del terreno di gioco, seppur un po’ a sorpresa, si dice che Tudor sia un divoratore di libri, uno che si perde tra le pagine di storia. Guerre, condottieri, strategie. Forse è lì che trova l’ispirazione per le sue battaglie in campo e per caricare lo spogliatoio.
Fuori dal caos degli stadi, Tudor è un uomo che ama la quiete. Sposato da anni con la sua dolce metà, ha due figli: Roko, che corre dietro a un pallone come suo padre, e Ivona, la principessa di casa. La famiglia è il suo posto dove si rifugia. A Spalato, lo si vede spesso passeggiare vicino all’acqua, con il mare che gli ricorda chi è e da dove viene.
E poi c’è il suo lato goloso. Si dica sia molto goloso di pesce fresco, magari di una grigliata con gli amici. Questo è il suo modo di staccare la spina. Con le persone che contano davvero.