Il centrocampista del Newcastle racconta la sua esperienza: come è uscito dalla dipendenza dal gioco e il no all’Inter
Mesi difficili, mesi di duro lavoro su sé stesso per uscire dalla dipendenza dal gioco. Tonali racconta la sua esperienza, i momenti difficili vissuti con la squalifica, il grande lavoro che ha dovuto fare per mettersi alle spalle il periodo nero e la dipendenza.

In un’intervista a ‘La Repubblica’, il centrocampista del Newcastle ripercorre la sua storia, spiega come quanto successo gli abbia permesso di cambia in meglio. “Il mio stile di vita era negativo – racconta -. Ero chiuso con tutti. Oggi sono diverso”. Tonali racconta di non aver mai avuto la percezione di avere un problema di dipendenza, fino a quando non è scoppiato il caso: “La disponibilità economica non mi ha consentito di accorgermi della serietà della cosa”.
Da lì un lavoro costante con l’aiuto di professionisti, ma anche della famiglia, di club, compagni e procuratori. Un lavoro di ‘squadra’ che gli ha consentito di venirne fuori nonostante le difficoltà, come quella di non poter assumere molti dei farmaci che normalmente aiutano in questo percorso per non incorrere nelle maglie dell’antidoping.
Tonali e il no all’Inter: “Non ero felice”
Non ci sono però le scommesse e la dipendenza nella sua vita. Tonali, che ha anche avuto incontri con i ragazzi nell’ambito della squalifica, ripercorre alcune tappe fondamentali della sua carriera.

I primi calci, il sogno di diventare calciatore, poi le difficoltà al Brescia e, infine, lo snodo cruciale con l’Inter che bussa alla porta e i dubbi che lo assalgono: “Mi è capitato di pensare a quando potevo andare all’Inter – racconta il centrocampista -. Non l’ho mai accettato: non perché non sia una squadra forte, ma non mi reputavo felice al 100%”.
Tonali ricorda i dubbi su quel trasferimento, lo definisce “la montagna che non volevo scavalcare” e a toglierlo dagli impicci è arrivato il Milan:”La chiamata di Paolo Maldini ha cambiato tutto, mi ha fatto felice e ho detto: ‘O vado al Milan o resto al Brescia’“. Un legame con il club rossonero trasmesso dal papà con la colazione nella tazza rossonera di Gattuso: “Quando il trasferimento si è concretizzato, ho chiesto a Rino il permesso di indossare la sua n° 8″. Il sogno che si realizza ed è dolce ricordarlo oggi che l’incubo è alle spalle.