Da trascinatore a termometro del momentaccio della squadra di Inzaghi, Nicolò Barella è la brutta copia di se stesso. E certi atteggiamenti in campo non sono certo da (futuro) capitano
Da uno dei grandi punti di forza, a emblema della crisi che ha colpito l’Inter di Inzaghi. Nicolò Barella è la brutta copia di se stesso, del calciatore indiscusso e indiscutibile della squadra da quando è sbarcato a Milano nell’estate 2019.
Sbraita, inveisce contro i compagni, è disattento e sconclusionato: Barella non è più lui. Non è più il trascinatore, il cuore della squadra. Oggi è invece solo il termometro di un momento incandescente, di una crisi di prestazioni, gioco e risultati (5 sconfitte nelle prime dieci, come nel 2011) che rischia di costare l’esonero del tecnico piacentino. Con cui nelle scorse settimane ci sarebbero state delle forti incomprensioni, con l’esclusione rumorosa nel big match di Champions contro il Bayern Monaco. Inzaghi imputò la scelta al turnover (“Ho deciso di dargli un turno di riposo…”) ma come si può rinunciare – a meno appunto di motivazioni extra-campo – a uno come Barella in una sfida così complicata e prestigiosa? Certo, quello che stiamo vedendo adesso è un suo lontano parente, con qualche sprazzo da campione, vedi la punizione di Udine. E tanti errori, tanti ‘scontri’ con i compagni durante le partite che denotano un certo malessere, ma che rappresentano anche un modo per ‘scaricare’ su altri la colpa di scelte sbagliate. Non un bell’atteggiamento per chi è candidato a raccogliere la fascia di capitano da Handanovic.
Emblema, termometro, ma Barella è soprattutto uno di quelli che può aiutare maggiormente l’Inter a uscire dalle sabbie mobili. Se svolta lui, è facile che svolti anche la squadra, a prescindere dalla permanenza o meno di Inzaghi.
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