Perché l’Italia non è riuscita a trovare un ricambio generazionale e quali sono le prospettive future
Come si fa a spiegare l’eliminazione dai Mondiali ai playoff contro la Macedonia del Nord da parte di una Nazionale che solo 8 mesi alzava al cielo con gli stessi interpreti una coppa d’Europa? Ma soprattutto è realmente possibile individuare i principali colpevoli della disfatta mondiale?
E’ vero, l’Italia di Palermo contava diverse assenze, da Chiesa in attacco a Bonucci, Chiellini, Di Lorenzo e Spinazzola in difesa. Ma l’undici schierato in campo da Roberto Mancini rimaneva in termini di valori nettamente superiore allo schieramento iniziale della formazione macedone. Adesso, calciatori e commissario tecnico avrebbero dovuto vincere una partita del genere, ma giocare a chi ha più colpe a questo punto ha poco senso.
in un gruppo che ha fatto dell’unione un suo punto di forza, capace anche di andare oltre i limiti tecnici la scorsa estate, è mancata soprattutto la spregiudicatezza, il coraggio. Una squadra che ieri sera ha dominato in lungo e largo, ma che puntualmente andava a sbattere contro il muro avversario senza riuscire a trovare il guizzo vincente, complice anche la serata buia dei tre attaccanti. Dove trovare dunque quel briciolo di coraggio che vediamo in altre nazionali? Ripartiamo dai giovani, come fece inaspettatamente Mancini nel 2018 chiamando l’allora sconosciuto Zaniolo, e confrontiamo qui alcune statistiche che riguardano il calcio italiano e quelle dei top 5 campionati europeo.
Iniziamo dalla media età dei calciatori per ogni lega, dove la Serie A si piazza al terzo posto con una media di 26,9. Fanno peggio Premier League (27,4) e Liga (27,9), mentre sembrano quasi irraggiungibili Bundesliga (25,7) e Ligue 1 (26,6). Il vero problema del campionato italiano riguarda però la presenza e l’utilizzo dei giovani italiani per ogni squadra.
Considerando i talenti U21 di origine italiana, per ogni squadra ne sono presenti 2,7. Di questi, però, il minutaggio complessivo si attesta al 4%. Situazione non varia di tanto guardando alla Serie B, dove gli U21 per ogni formazione sono 3,7, uno in più rispetto alla massima divisione. Il vero problema anche qui è che in riferimento a questo numero, l’impiego complessivo arriva al 7% rispetto alla copertura dei minuti totali.
Prendendo in considerazione i 50 calciatori italiani U21 oggi in circolazione con il valore più alto, solo il 50% (25) di questi gioca oggi in una squadra di Serie A. Ma tra questi 25 sono addirittura 8 gli unici calciatori ad aver trovato tanto spazio in questa stagione nelle rispettive rose. Solo uno, infine, se consideriamo le prime 10 squadre in classifica, vale a dire Sandro Tonali (22 anni il prossimo 8 maggio) con il Milan.
Numeri impietosi che danno ragione allo sfogo che il CT dell’U21 Paolo Nicolato aveva lasciato andare pochi giorni fa: “Se continuiamo così, dovremo pescare dalla Serie C o trovare oriundi. In attacco praticamente non gioca più nessuno”. Impossibile dargli torto, anche perché – come abbiamo esaminato – anche in B la situazione rimane pressoché identica.
La fiducia nel talento spesso viene schiacciata dalle pressioni dei club, le quali portano allenatori e dirigenti a scommettere su profili più esperti che garantiscono subito i risultati sperati. Non è un caso se in Europa la Serie A si piazza al penultimo posto come campionato per utilizzo dei Primavera schierati (8,9%), ben lontana da Premier League (12,7%) e Liga (20,9%).
E non è un caso se pochi giorni fa, nella classifica stilata da ‘Goal’ dei 50 migliori talenti sul pianeta tra i calciatori nati dopo il 2003, non era presente neanche un italiano. Solamente due calciatori stranieri che giocano in Serie A sono stati presi in considerazione: Felix Afena-Gyan della Roma e Matias Soulé della Juventus, ma neanche un italiano tra i nostri Under19.
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