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L’accusa a Zhang: “Proprietà assente”. Un grande ex al posto di Inzaghi

L’Inter vuole cambiare marcia al ritorno in campo dopo la sosta. Simone Inzaghi per il momento resta al suo posto: l’analisi autorevole sul momento nerazzurro

L’Inter prosegue con Simone Inzaghi, con la dirigenza nerazzurra che ha comunque dato un ultimatum all’allenatore piacentino dopo il deludente inizio di stagione.

Beppe Bergomi ©LaPresse

Non sono ammessi più errori, con Marotta e Zhang che auspicano un deciso cambio di rotta del ritorno in campo dopo la sosta per le Nazionali. Sull’argomento è intervenuto anche un grande ex interista come Beppe Bergomi: “La storia dell’Inter ci dice che quando hai un allenatore forte, allora vinci. Parlo di Trapattoni, Conte, Mourinho. I leader? lo erano Matthäus, Simeone… Nell’Inter di oggi sembrerebbe manchino dei leader. Quando siamo andati in difficoltà abbiamo sempre faticato a reagire nella maniera giusta. Ci vogliono calciatori di carisma, non li conosco personalmente, e da fuori, sembra che manchi”, le parole dell’ex capitano a ‘Radio Nerazzurra’.

GRUPPO – “Spogliatoio contro? In carriera non ho avuto questa situazione e non penso ci sia anche in questo momento. Alcune scelte (come i cambi al 30′) possono far discutere, un allenatore bravo come Simone al martedì fa in modo di recuperare il rapporto. Serve ritrovare entusiasmo e voglia di difendere. Non andrei sull’aspetto tecnico-tattico ma piuttosto nel fare quel metro in più, quella corsa  ‘sporca’ per il proprio compagno come l’#Inter ci aveva abituato a vedere negli ultimi 3 anni”.

Inter, Bergomi attacca Zhang: “Come se non ci fosse”

ZHANG – Bergomi si sofferma anche sull’aspetto societario e non le manda a dire alla famiglia Zhang: “Parliamoci chiaro, sono tre anni ormai che la proprietà dell’Inter è come se non ci fosse. La gestione del mercato ha inciso anche sull’aspetto psicologico dei ragazzi, perché non si può non avere un punto di riferimento”.

Beppe Bergomi (Calciomercato.it)

EREDE INZAGHI – “Un’ex bandiera dell’Inter come allenatore? Perché no, ma non deve essere perché mi chiamo Tizio o Caio. Bisogna meritarselo per credibilità, entusiasmo e idee. Non ti nego che mi sarebbe piaciuto vedere un Zenga o un Mandorlini. Anche Cambiasso. Sicuramente c’è spazio per creare quest’identità forte che, alla lunga, può fare la differenza”.

Giorgio Musso

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