JUVENTUS ALLEGRI AGNELLI CONFERENZA / Massimiliano Allegri non sarà il nuovo allenatore della Juventus nella prossima stagione. Il tecnico lascia dopo cinque scudetti vinti in cinque anni. Alla vigilia della sfida all'Atalanta, Allegri, insieme ad Andrea Agnelli, parlerà del proprio addio. L'allenatore livornese spiegherà le cause e le ragioni che lo hanno portato a non prolungare il proprio accordo con la società piemontese. Calciomercato.it seguirà per voi l'evento in diretta.
14.02 – Tutti i calciatori della Juventus assisteranno all'incontro, che inizierà tra pochi minuti.
Agnelli fa il suo ingresso in sala stampa, accolto dagli applausi: “Così mi fate emozionare, non va bene. Piangere? No, ho già dato ieri. Oggi le domande me le fanno i calciatori e i giornalisti giocano?”.
Quando ha capito che l'idea che aveva sei mesi fa non potesse realizzarsi?
“Innanzitutto buongiorno a tutti, ringrazio il presidente per le sue parole, ringrazio i ragazzi… (si ferma, commosso, scattano gli applausi). Ecco, forse ce la faccio. Ci siamo tolti tante soddisfazioni, lascio una squadra vincente, che ha le potenzialità per ripetersi in Italia, per fare un'altra grandissima Champions. Quest'anno, purtroppo, si sono allineate delle cose che non ci hanno permesso di arrivare in fondo. Abbiamo parlato in queste settimane i nostri pensieri sul futuro e sul bene della Juventus, dopo la società ha fatto le sue valutazioni ed ha ritenuto opportuno che l'allenatore non fossi più io, ma questo non cambia niente: i rapporti con Andrea, Paratici e Nedved sono straordinari. Ho trovato sin dall'inizio una società super organizzata, di questo gruppo faceva parte Marotta e siamo cresciuti tutti insieme. Era arrivato il momento per poter lasciarsi nel migliore dei modi. Sono convinto di lasciare una società solida con un gruppo di calciatori straordinario sul piano tecnico e personale, per vincere bisogna essere uomini e la Juve ce li ha. Agnelli è un presidente straordinario, un decisionista, Fabio e Nedved li ho conosciuti ragazzi e stanno diventando dei dirigenti importanti. Domani bisogna festeggiare due cose: la prima è la vittoria dello scudetto, la seconda è l'addio di Andrea Barzagli, che lascia. Un professore dei difensori, senza togliere niente agli altri, deve essere una bella serata per celebrare cinque anni straordinari”.
Come ha preso la decisione?
“Ci si può dividere, è fisiologico. Sono state scritte cose sbagliate, non ho chiesto contratti, acquisti o rivoluzione: nemmeno ci siamo arrivati. Quando capisci che fisiologicamente ti devi separare, non c'è bisogno di andare avanti. La riunione è stata una sera a cena dal presidente, mi avete inseguito senza trovarmi, e l'altro ieri insieme a Fabio e a Nedved, oltre Angelli, lì abbiamo capito che non si poteva andare avanti ed è stato tutto molto più semplice di quanto sembri”.
Ha pesato l'onda mediatica nei suoi confronti?
“Non ha pesato, il dibattito c'è sempre stato ed è giusto che sia così. La cosa più importante è centrare gli obiettivi, quest'anno abbiamo vinto scudetto e supercoppa, la stagione è stata comunque straordinaria. Il giocar bene o giocar male dipende comunque dal risultato, ho visto partite in cui si gioca malissimo e si vince al 92esimo e si elogia comunque la squadra che l'ha spuntata. Il risultato condiziona i giudizi, io come allenatore devo analizzare la prestazione, ma anche una partita di calcio è strategia, bisogna capirne i momenti, non sempre si può giocar bene, ma quelle che ti fanno vincere i campionati sono quelle in cui giochi male e vinci comunque. Se ci si accontenta di dire “ho perso ma ho giocato bene”, beh, è qualcosa che non fa per me. Al Cagliari persi le prime cinque partite, mi facevano i complimenti ma dissi “ok, ma se non si vince…”. Persino i bambini non giocano solo per divertirsi, anche tra loro c'è competizione… Quando abbiamo rimontato con la striscia di vittorie consecutive, riuscivamo a subire pochissimo, ma difendere non deve essere una vergogna. A Cardiff non abbiamo perso perchè il Real Madrid fece più gol, perdemmo perchè i blancos difesero molto meglio di noi. A calcio vince chi ha la miglior difesa, cosa vuol dire giocar bene? Non ho ancora capito, se qualcuno me lo spiega… In tutti i ruoli, nella vita, ci sono categorie: ci sono giocatori, dirigenti, allenatori, che vincono, altri che non vincono mai. Se non vincono mai ci sarà un motivo, no? Al Livorno, i tornei li vincevo sempre, non perdevo mai… Ci sarà un motivo? Non c'è più il mestiere, è diventata tutta teoria. Ho avuto Cellino a Cagliari, mio primo presidente, non so come abbia fatto, ma è andato a Brescia e lo ha riportato in A, mentre il Cagliari è retrocesso solo una volta con lui: è più bravo degli altri, se vinci sei più bravo e punto. Vorrei farvi un esempio, ma non ve lo faccio altrimenti viene giù tutto (ride, ndr)”.
Va via perchè non può essere allenatore manager come desiderava?
“Assolutamente no, qui sono stato coinvolto nelle decisioni. Sono aziendalista, ne sono fiero, ma la cosa è stata confusa con l'essere uno yes-man, ma non è così: lavoro in un'azienda e condivido le sue problematiche. L'ho sempre fatto, anche al Milan, mentre al Cagliari meno perchè era una realtà più piccola. Un allenatore deve conoscere ogni aspetto della società. Sono aspetti che m'appassionano, non voglio essere ridotto solo a fare la formazione e scegliere le sostituzioni”.
Si sente juventino?
“Da piccolo avevo il poster di Platini, quando ha smesso lui ho smesso un po' di essere juventino, mi affascinava il suo modo di giocare, pensava prima degli altri. I miei amici comunque mi chiamavano gobbo, soprattutto quando poi sono arrivato qui. Essere qua è far parte di una famiglia, credo l'unica al comando di un club da 120 anni, imparare il suo dna, ha ingobato in me certi aspetti nei quali sono più stravagante”.
Come mai non ha conquistato, secondo lei, tutta la tifoseria?
“La maggior parte dei tifosi è stata sempre molto affettuosa con me, ricordo che mi emozionai quando la Curva mi ha dedicato dei gesti a cui non ero abituato. Quando arrivai a Vinovo ci fu la contestazione, ma il primo pensiero che ho avuto è che stavo calcando i campi, all'ippodromo, dove il primo cavallo che ho avuto ha vinto tre corse tris. Una sensazione bellissima come lo è stato poi il percorso”.
Immagina per lei una pausa o un'esperienza all'estero?
“Ora non so nulla, so solo che domani bisogna andare in campo e festeggiare. Magari una pausa mi farà anche bene, ho bisogno di riposare. Poi, dopo il 15 luglio, mi tornerà voglia di lavorare, ma questo poi non dipenderà da me, vedrò quali situazioni mi verranno proposte. Altrimenti mi dedicherò di più a me stesso e alla mia famiglia e quella banda di scellerati dei miei amici. Vedremo”.
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