LOTTA ALLA LUDOPATIA DECRETO DIGNITA' – La lotta alla ludopatia è giusta e vista la crescita di questo fenomeno in Italia un intervento da parte dello stato è a dir poco auspicabile. Il divieto assoluto di pubblicità al gioco d'azzardo che fa parte del decreto “Dignità” voluto da Luigi Di Maio potrebbe non essere la scelta più lungimirante, in quanto provoca un circolo vizioso che crea più danni collaterali di quanto si possa immaginare.
Vedere le quote dei bookmaker a ogni partita trasmessa in tv, con numerose pubblicità tra un tempo di gioco e l'altro, alla lunga non può che creare interesse anche nei confronti dei minorenni, così come i gratta e vinci vengono ormai quasi imposti quando si fa la spesa o quando si passeggia per i centri commerciali.
Fissare dei paletti e dei limiti ben precisi e più rigorosi di quelli attuali sarebbe sensato. Così come imporre il divieto dei videopoker nei circoli privati e l'introduzione delle limitazioni su tutti i giochi con puntate ripetute. Già con la legge Balduzzi sono stati fatti dei passi in avanti, anche nel campo della pubblicità.
Ogni pubblicità al gioco d'azzardo devev visibilmente contenere la scritta del rischio di dipendenza patologica e la percentuale di probabilità di vincita che il soggetto ha nel singolo gioco. Già rispettare in modo più rigoroso questa legge sarebbe un ulteriore passo in avanti: mentre spesso in Tv le scritte sono scarsamente visibili, oppure lette troppo velocemente e in maniera criptica in radio.
Vietando la pubbilicità al gioco d'azzardo, i ludopatici non guarirebbero certo di colpo. Anche senza pubblicità, continuerebbero nel gioco compulsivo. Lo stato dovrebbe intervenire non nella libera scelta di ogni singola persona di scommettere o meno – a maggior ragione dopo avere regolamentato il gioco più di dieci anni fa obbligando i bookmaker ad avere la licenza Aams per operare in Italia – ma nel curare le persone che poi sono diventate malate del gioco.
Anche perché i danni economici di un eventuale divieto assoluto della pubblicità al gioco d'azzardo sarebbero davvero pesanti per la stampa e i siti internet di informazione, per le tv come Sky e Mediaset oltre che naturalmente per gli stessi bookmaker che in un modo o nell'altro hanno creato tanti posti di lavoro in Italia.
Le conseguenze sono facili da immaginare: i bookmaker potrebbero decidere di disfarsi della licenza italiana e tornare ai .com, facendo pubblicità sui tanti siti Internet che non hanno sede in Italia ma che vengono giornalmente consultati dagli italiani. Lo stato perderebbe i soldi delle licenze, e verrebbe favorito il gioco clandestino che tra l'altro continua a essere presente in Italia e che sarebbe forse un problema da affrontare e sconfiggere definitivamente ancora prima della ludopatia. I giornali sarebbero probabilmente costretti ad aumentare il prezzo di vendita, così come Sky i canoni per l'abbonamento. Tanti servizi gratuiti di streaming e di statistiche sul calcio o sul fantacalcio (a proposito non è che diventa azzardo anche quello?) diventerebbero a pagamento.
Senza contare poi i tanti punti grigi di un provvedimento del genere. Le partite di Champions League mostrate in tv da Sky giocate negli altri paesi europei riporterebbero i tabelloni pubblicitari dei bookmaker. Ebbene, andrebbero oscurati anche quelli?
Forse sarebbe più semplice fare una limitazione programmata della pubblicità al gioco d'azzardo e aumentare la tassazione per chi guadagna tramite campagne di questo tipo, destinando così i soldi ricavati alla cura dei ludopatici. Il divieto assoluto potrebbe creare dei nuovi problemi, senza risolverne uno.
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