MORTE ASTORI BREMBILLA / Il fischio di Gattuso ad interrompere immediatamente l'ultima sgambata sul campo pre Derby. Le lacrime di Antonelli, la ferma decisione di non giocare al di là della scelta della Lega. E il silenzio assordante che cala su quella che è stata la sua prima casa calcistica: Milanello. Davide Astori ci ha lasciato, e un brivido cammina sul corpo e nella testa di Marco Brembilla, oggi allenatore della Trevigliese (Eccellenza lombarda, ndr) ed ex osservatore del Milan nella fitta rete di Mauro Bianchessi (oggi alla guida dell’attività di base della Lazio).
Con lui, nativo di San Pellegrino Terme, Astori aveva mosso i primi passi su un campo di calcio nella sua terra natale, la bergamasca. E attraverso le sue parole in esclusiva a Calciomercato.it riviviamo una persona che oggi ha lasciato un vuoto in tutti noi:
“Ha iniziato a San Pellegrino: io allenavo i classe 1987 ma lui giocava con i più grandi: era già troppo più forte degli altri e me lo riprendevo per le partite importanti. Poi mi ha chiamato il Ponte San Pietro, affiliato col Milan (oggi Pontisola nel Girone B di Serie D, ndr) nel '98 e l'ho portato con me: un anno di Esordienti CSI e un anno di Esordienti FIGC. Faceva il terzino sinistro: lui, mancino puro, non usava il destro neanche per camminare e allora arrivai a schierarlo centrocampista per farglielo usare. Poi l’annata dei Giovanissimi B la salta e va direttamente nella rosa dei Giovanissimi Regionali con i compagni nati un anno prima. Lì il Milan, che aveva una sinergia con la società, lo nota e io lo aiuto ad accettare il provino: la sua è una famiglia umile, eccezionale, ed era un po' titubante. Bastarono due allenamenti per farlo diventare, nell’estate del 2001, rossonero. Al Milan ha fatto tutta la trafila dai Giovanissimi Nazionali: mi ricordo benissimo un quarto di finale contro la Juve, nell'annata degli Allievi Nazionali: marcò Giovinco, che battaglia. Così fino al 2006, fino al passaggio al Pizzighettone prima e alla Cremonese poi, in prestito, con Mondonico allenatore. Nel 2008 la consacrazione a Cagliari e poi tutti lo avete conosciuto. Ecco… la cosa bella di lui è il suo non essere mai cambiato anche a fronte del successo. Mi ricordo quando raccontava dell'interesse di squadre estere, la volontà di restare in Italia e in particolare modo nelle amichevoli estive, in ritiro, sono stato a seguirlo anche da bordo campo: mi dava lui il permesso di accedere. Conosco bene la sua famiglia e con lui ci sentivamo spesso, anche di recente via telefono, via messaggio o quando veniva 'in zona' a ritrovarsi con gli ex compagni. A San Pellegrino, per un evento o per una premiazione, si presentava al primo momento libero. Eccezionale. Ha lasciato un vuoto enorme. Stamattina ero in campo ad allenare, poi entrato negli spogliatoi ho trovato il cellulare pieno di chiamate e messaggi: mi sono chiuso in casa, è dura…”.
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