JUVENTUS MAROTTA / Beppe Marotta, a.d. della Juventus, ha fatto il punto sui bianconeri e le prospettive future: “Il campionato? Siamo al settanta per cento. Ogni squadra ha un suo dna. La Juve è quel calzettone strappato che Boniperti aveva in ufficio – le sue parole a 'Il Giornale' – Champions? Dipende da molti fattori. A Istanbul siamo stati eliminati perché ha nevicato. Ma negli ultimi anni ha vinto sempre quella che ritenevo la squadra più forte. Il bilancio? Andrea Agnelli ha creato un modello vincente. Il core business è fare calcio. Ma devi avere alle spalle una squadra invisibile che ti supporti in tutto. Lui è stato lungimirante, con due principi: la competenza e la delega. E tutto alla Juve è volto alla vittoria”.
I SINGOLI – “Allegri? La società viene prima di tutto. Nella classe dirigente considero anche l'allenatore, che deve essere coerente con la linea aziendale: allenatori che non lo sono, alla Juve non troverebbero spazio. Allegri si concilia alla perfezione con il nostro modello. Dybala? Non ha avuto il tempo di essere talento: è diventato subito campione. E se fa cose normali viene bocciato. Come società dobbiamo essere bravi a supportarlo. Paratici? Io parlo sempre al plurale perché condivido il merito con i collaboratori. Ho l'orgoglio di dire che Paratici, il direttore sportivo, è una mia creatura”.
Marotta ha poi analizzato il Var, nuova tecnologia che ha esordito quest'anno in Serie A: “Noi comunque abbiamo l'obbligo di vincere. Siamo costruiti per lo scudetto, non conquistarlo sarebbe una sconfitta. Non temiamo il Var, anzi può legittimare le nostre vittorie. Ad esempio noi abbiamo già tirato gli stessi rigori – tre – della scorsa stagione. Poi li abbiamo sbagliati…”.
L'INDAGINE – “Biglietti agli ultras? Alla fine dell'indagine della magistratura ordinaria e dopo la sentenza di primo grado della giustizia sportiova, è emerso che nessun dirigente della Juve era colluso con la 'ndrangheta. Ma manca una legge sul bagarinaggio. I forti generano sempre invidia. Si è galoppato sulla cultura dell'invidia così come non c'è la cultura della sconfitta”.
DIRITTI TV – “Meno soldi alla Juve con la nuova legge? Noi auspichiamo che ci sia la lungimiranza di capire che il sistema calcio non è radicato solo in Italia, ma ha riflessi europei. Noi abbiamo recitato la parte degli investitori. Lo sviluppo passa attraverso società che svolgono attività di sistema e non da quelle che si agganciano. La legge Melandri non deve essere una legge di assistenzialismo. La distribuzione delle risorse deve tenere conto di investimenti, strutture, competitività e meritocrazia. Questi sono i quattro capisaldi”.
LE RIFORME – “Il sistema non può reggere 102 società professionistiche. Sono scomparsi i mecenati, serve sostenibilità. Siamo convinti di ridurre la serie A a 18 squadre. E le seconde squadre sono fondamentali. Io vedo una serie A e una sorta di A2 con tre gironi. I vivai? E' difficile fare il salto dalla Primavera alla prima squadra. Tra le grandi il Milan è un'eccezione, forse per il momento storico”.
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