ROMA PAREDES RIQUELME / ROMA – Leandro Paredes si racconta in una lunga intervista al sito della Roma. Il forte centrocampista è partito dalla sua infanzia fino ad arrivare al presente: “Ho sempre giocato solo a calcio, sotto casa, per le strade di San Justo, il mio quartiere di Buenos Aires. Quando ho iniziato il mio ruolo era il trequartista, fino a 19 anni ho ricoperto quel ruolo. La gara più bella? Una vittoria contro il San Lorenzo, per 3-0: segnai una doppietta, i miei primi due gol nella Primera Division. Da quel momento iniziai a giocare titolare. Avversario più forte? A parte Messi…beh, pensando al campionato argentino direi Lamela, che ho affrontato nel derby contro il River Plate”.
IDOLO D'INFANZIA – “Sicuramente mio padre Victor Daniel, è lui che mi ha passato la passione del calcio: stavo sempre con il pallone tra i piedi ed è grazie a lui che mi sono avvicinato a questo sport. È stato un professionista fino a 17 anni, giocava al Racing Club, poi ha smesso perché mia madre è rimasta incinta e ha dovuto iniziare a lavorare. A livello calcistico, invece, c’è stato Riquelme. È stato il giocatore che guardavo di più e che mi piaceva di più. È da lui che ho imparato tanto, anche quando l’ho avuto come compagno”.
IL DEBUTTO – “Era la cosa più bella che potesse capitarmi, avevo 16 anni, molto giovane: giocare nella Primera Division argentina per me costituì la realizzazione di un sogno. Giocammo in casa, alla Bombonera, contro l’Argentinos Junior. Calcai il terreno dello stadio in cui andavo da piccolo a vedere il Boca con la mia famiglia, quando la nostra condizione economica ce lo permetteva. Giocai solo sei minuti, sostituendo Lucas Viatri”.
COMPAGNI DI CLUB – “Il migliore? Devo citare ancora Riquelme, troppo importante per la mia crescita, fondamentale. Mi riempì di consigli all’epoca e ancora oggi ci sentiamo, quando mi guarda giocare mi scrive. Prima di smettere dichiarò a tutti che sarei stato io il suo erede calcistico. E per me fu un onore immenso”.
STADIO PIU' BELLO – “Sicuramente la 'Bombonera', ci sono troppo legato. Ci andavo prima di essere professionista e ho tante partite che mi sono rimaste nel cuore, anche quelle vissute da tifoso. Una su tutte, per esempio, è la semifinale di Coppa Libertadores del 2004 contro il River Plate: abbiamo vinto 1-0 in casa e poi abbiamo perso 2-1 fuori, conquistando l’accesso in finale ai calci di rigore. Ero allo stadio con mia sorella, non me lo dimenticherò mai”.
PERSONA INFLUENTE – “In questo caso devo citare tutta la mia famiglia, è stata troppo importante, devo tutto a loro: sempre vicino a me, dietro a ogni mio passo. È un pezzo troppo importante della mia vita: mio padre Victor Daniel, mia madre Miriam e le mie sorelle Vanessa e Jimena. Devo citare anche mio cognato Lallo, marito di Vanessa, anche lui è stato molto importante”.
ESSERE CALCIATORE – “Lavorare con la cosa che ti piace di più nella vita, in questo modo non ti peserà mai quello che fai: hai il privilegio di essere pagato per mettere in pratica le cose che ti piacciono di più”.
M.D.A.
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