CALCIOSCOMMESSE CAMILLI GROSSETO INFAMIA / ROMA – Piero Camilli è stato scagionato dalle accuse nella vicenda Calcioscommesse, e il Grosseto è rimasto in Serie B: questa la decisione del secondo grado di giustizia sportiva. 'Sky Sport24' ha intervistato il patron del club toscano, che dopo la sentenza ha dichiarato: “Sono raggiante perché m'hanno tolto un marchio d'infamia che non meritavo. Ho ricevuto molte testimonianze d'affetto, ma adesso parla l'uomo, e non il presidente di una squadra di calcio: sono una persona perbene, ho passato delle cose che non si cancellano. Non dovevo essere là dentro, non c'erano prove su di me. Non sopporto il “non poteva non sapere“. Le prove di Palazzi sono logiche: se uno ruba un prosciutto dal supermercato deve essere povero. Ma dove sta scritto?”
“CAROBBIO NON E' VERITA' ASSOLUTA” – “Il mio rapporto con la giustizia sportiva? Sono contento dell'assoluzione, ma sono stato in quell'aula con attenzione, osservando tutto. Qui c'è gente che si gioca la carriera e la vita: che Carobbio sia la verità assoluta è una cosa che non esiste. Esistono dei valori. Sono stato coinvolto senza prove. Grosseto è la mia creatura, l'ho preso in Serie D, ci mancherebbe che non tornerò in sella. La colpa è mia: mi sono attorniato di persone che non meritano di partecipare a questo mondo”.
DOV'ERANO I CRIMINALI? – “Vedere Conte, Pesoli e altri ragazzi che conosco 'criminalizzati' mi ha dato fastidio. I veri criminali non c'erano lì dentro: non c'erano Carobbio, Gervasoni… non permettere riscontri oggettivi è grave, gravissimo. Iaconi dice di aver parlato con me, ma dica quando, dove e in che maniera: così è troppo facile”.
M.T.
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