TRAGEDIA ASTORI CARRIERA / Forse qualcuno aveva pensato a lui da poco, sperando in un bel voto a Udine perchè serviva il bonus modificatore. Qualcun'altro lo avrà menzionato al bar con gli amici in una domenica mattina riservata perlopiù al tema delle elezioni, magari dedicandogli una fugace battuta. Del resto Davide Astori è sempre stato fra i perni delle difese fantacalcistiche di molti, un nome scritto in grassetto o sottolineato fra gli appunti dei più desiderati e contesi in sede d'asta. Poco dopo però, l'ennesimo scroll sbadato sui social tramite smartphone lascerà di sasso tutti, presentando una notizia che in primo luogo è parsa una tra le fake-news più disgustose: Astori è morto. Aveva appena 31 anni. Non ci crede nessuno alla prima lettura, ci vuole un'altra verifica e poi un'altra ancora. E invece è tutto vero, anche se per una volta in molti avranno sperato in una falsa notizia di cattivo gusto.
Perchè la morte di Astori lascia senza parole e sconvolge tutti. Familiari, tifosi della Fiorentina, appassionati di questo sport: tutti impietriti. E fa paura, perchè se sei un giovane atleta all'apice della carriera, succede che nell'immaginario collettivo ti trasformi quasi in un supereroe, almeno sino a quando non arriva il momento di appendere le scarpe al chiodo e ritorni normale. Ma poi accade che un probabile arresto cardiocircolatorio non lasci scampo nemmeno ai supereroi, ed è allora che i 'comuni mortali' ritornano coi piedi per terra, mentre tutto il resto diventa banale. Senza sapore. A certi livelli, i protagonisti del calcio entrano nei cuori e nelle case di milioni di persone. Quotidianamente e quasi ossessivamente. E la Serie A si ferma e si stringe nel cordoglio ai familiari.
Gli anni che lo fanno conoscere al grande pubblico sono quelli di Cagliari. Dalla stagione 2008/2009 al 2013/2014, sei stagioni in cui pian piano riesce ad imporsi, a guadagnarsi la fiducia degli allenatori che si susseguono in Sardegna e dei tifosi rossoblù. Per lui arrivano anche tre gol: il primo in assoluto segnato proprio alla Fiorentina, la sua ultima squadra, il 31 gennaio 2010. L'ultimo contro l'Inter il 7 aprile 2012, poi l'approdo alla Roma con la soluzione del prestito con diritto di riscatto nel 2014 e l'esordio in Champions League da titolare nel 5-1 rifilato al CSKA Mosca nella splendida cornice dell'Olimpico. Un sogno che si avvera per Davide, il sogno di qualunque calciatore. Arriva anche la prima rete in giallorosso, nella trasferta di campionato contro l'Udinese, ma le strade fra la società capitolina e il difensore si divideranno al termine di quella stagione. Per Davide inizia dunque l'era viola, da centrale della Fiorentina. 109 presenze fra campionato, Coppa Italia ed Europa League condite da tre gol. In quella attuale sono invece 27 quelle totalizzate, tutte con la fascia da capitano. Davide era ormai diventato un simbolo per la squadra allenata da Stefano Pioli. Amato dalla città di Firenze e apprezzato da tutta l'Italia calcistica anche per le prestazioni sciorinate in Nazionale, con cui aveva esordito nel 2011 all'età di 24 anni nell'amichevole vinta contro l'Ucraina. Un sogno inseguito e realizzato quello di Davide, nativo di San Giovanni Bianco, che nel corso della sua carriera è riuscito a calcare i campi delle competizioni più prestigiose. Fino al 4 marzo 2018, una data che rimarrà per sempre fra le più tristi della storia del calcio.
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