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Lazio, Signori: “Mi vedevo laziale a vita, ma Eriksson…”

L’ex attaccante biancoceleste ripercorre le tappe della sua esperienza a Roma

LAZIO SIGNORI ERIKSSON ALDAIR/ ROMA – “E segna sempre lui” cantava la Curva Nord dello stadio 'Olimpico' quando Giuseppe Signori vestiva la maglia della Lazio: coro obbligato per un attaccante che in cinque stagioni e mezzo a Roma, ha conquistato per tre volte il titolo di capocannoniere della Serie A. Un idolo assoluto della prima Lazio di Cragnotti, quella che stava per diventare una squadra stellare. Signori se ne andò proprio sul più bello, alle porte dell'era costellata da vittorie in campo nazionale ed europeo. In un'intervista concessa ai microfoni di 'Elle Radio', Signori ha ripercorso le tappe della sua esperienza laziale, tornando anche sul rapporto con l'allora tecnico Sven Goran Eriksson che portò al suo addio

L'ARRIVO – “Quando arrivai alla Lazio dal Foggia c'era un po' di scetticismo – ha spiegato Signori – dovevo sostituire un idolo come Ruben Sosa. Partire forte mi ha aiutato ad ottenere risultati importanti, stava per crescere una grande Lazio”

CRAGNOTTI – “A prescindere dalla parentesi legata alla possibile cessione al Parma (scongiurata nel 1995 dalla protesta dei tifosi laziali scesi in piazza per bloccare il trasferimento, ndr) con lui c'è sempre stato un rapporto padre-figlio – ha dichiarato Signori in merito alla lunga telenovela di calciomercato che lo vide protagonista – Come presidente non mi ha mai fatto mancare nulla, è stato l'unico presidente che se gli chiedevi un euro, lui te ne proponeva due”.

GASCOIGNE – “Di Gascoigne ho un ricordo indelebile, era una persona eccezionale con un carattere troppo fragile al di fuori del campo – ha dichiarato Signori che riesce sempre a catalizzare le notizie Lazio a sedici anni dal suo addio – Quella con l'alcool è stata una battaglia complicata, purtroppo oggi leggo che continua a cadere nello stesso errore”.

COMPAGNI E AVVERSARI – “Il compagno che mi ha impressionato di più? Credo Giovanni Stroppa: aveva una tecnica fuori dal comune ma non è riuscito a fare il salto di qualità. Poi c'è Alen Boksic, un attacante devastante. Gli avversari più difficili? Di difensori forti ne ho incontrati tanti come Baresi, Maldini e Costacurta, ma quello che ho sofferto di più è stato Aldair, uno di quei difensori che sapevano marcarti perché avevano i tuoi stessi tempi”.

L'ADDIO – “Avrei preferito che andasse diversamente il mio rapporto con Eriksson: mi fece prendere una decisione importante per la mia carriera che non avrei mai voluto prendere. Mi sarei visto laziale a vita ma era una questione umana. Essere considerato come uno della Primavera dopo quello che avevo fatto mi sembrava eccessivo”.

Silvio Frantellizzi

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