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Calciomercato Sidney, Del Piero: “Resto in Australia, qui c'e' meno stress. Ma l'Italia…”

L'ex capitano della Juventus, in un incontro con Josefa Idem, ha confermato la sua volonta'

CALCIOMERCATO SIDNEY DEL PIERO AUSTRALIA INTERVISTA / SIDNEY (Australia) – L'ex canoista Josefa Idem, in viaggio in Australia, ha voluto incontrare Alessandro Del Piero. Di seguito – riportate dalla 'Gazzetta dello Sport' – le parole dell'ex capitano della Juventus sulla sua esperienza nel Sidney Fc e molto altro.

SCUDETTO – “La Juve in questo momento è un passo avanti, ma dovrà stare in allerta e combattere perché le squadre avversarie sono ottime. Paragoni con una mia Juve? Non amo farli, ma indubbiamente questa Juve ha grandi qualità. Non sono sorpreso. La squadra di oggi è il frutto di una programmazione durata anni”.

NAZIONALE – “Mi piace la nuova nazionale di Prandelli e mi sarebbe piaciuto giocare un Mondiale in Brasile. Sarebbe una grande emozione”.

AUSTRALIA – “All'inizio eravamo molto presi dal cambiamento, che è stato totale perché Sydney, con 5 milioni di abitanti, è molto diversa dalla Torino in cui ho vissuto gli ultimi 19 anni. Poi la città l'ho scoperta vivendola da straniero, girando per le strade. Ho scelto l'Australia proprio per cambiare totalmente vita e rimarrò qui. L'atmosfera è molto rilassata e genuina. Il calore che ho ricevuto è stato lo stesso dell'Italia, anche se cambiava nei modi e nelle fonti. Mi fermano un po' ovunque e ogni incontro qui è multiculturale. I cinesi sono spaziali, sempre pronti a scattare delle foto, tirano fuori telecamere dappertutto. È molto bello quando incontro degli italiani: mi fermano, mi ringraziano per essere venuto a giocare nel loro Paese d'adozione. Io, a volte, sono anche un po' in imbarazzo perché non penso di aver fatto chissà cosa. Sono bellissimi i racconti di come hanno vissuto le imprese della Juve del passato qui, di come per via del fuso si alzavano alle 4 per vedere le nostre partite. A volte mi mostrano le foto dei loro viaggi a casa. Sono storie diverse rispetto a quelle che mi raccontavano in Italia, ma non per questo meno importanti: in egual misura delineano ciò che il calcio mi ha dato. Avverto molto amore per il calcio nella gente. Ce l'hanno nel dna. E lo seguono sempre più persone in Australia: dove un tempo in media venivano 7 mila spettatori oggi raggiungiamo anche punte di 36 mila”.

DIFFERENZE CON L'EUROPA – “In Europa, ogni popolo ha il suo Paese, qui sono tutti immigrati. Poi ci sono spazi enormi, la gente non si pesta i piedi. A mio avviso la differenza sostanziale è lo stato economico. Qui la disoccupazione è ai minimi mondiali e hai proprio la sensazione che la gente stia bene. Vivono per vivere la vita, non soltanto per lavorare e far quadrare i conti. Di conseguenza c'è meno stress, meno tensione. È ovvio che questo benessere generale ha effetti positivi anche sulla convivenza tra le etnie. Ma ho scoperto una cosa: più giri, più sei meravigliato, e più ti rendi comunque conto che l'Italia è il Paese più bello del mondo. Quel che c'è in Italia non c'è da nessuna parte. Le spiagge, la cultura, la geografia splendida con le montagne che toccano il mare. Poi penso a città come Firenze, Roma, Venezia: inarrivabili! È un peccato che il nostro Paese attualmente non venga vissuto bene».

SIDNEY FC – “Abbiamo perso un po' troppe partirte, ma i tifosi vengono lo stesso allo stadio e c'è molto fair play: non siamo mai usciti tra i fischi. Se ci arrendessimo, se non ci impegnassimo, sarebbe diverso. Se la prenderebbero, eccome. Ma vedono l'agonismo, la competizione, percepiscono che siamo in gioco. Allora ci sta anche la sconfitta, e rimane il supporto. Quanto alla società, lì sono molto esigenti, ma al tempo stesso non ci sono grandi patemi attorno ai cattivi risultati che, figuriamoci, a noi giocatori per primi stanno stretti. Non siamo felici della classifica ma restiamo ottimisti anche perché il campionato qui è molto diverso rispetto al nostro. Ci sono soltanto dieci squadre, non ci sono retrocessioni e al termine del primo round in sei vanno ai playoff e si riparte tutti da zero. Dobbiamo darci da fare, su questo non c'è dubbio”

CULTURA SPORTIVA – “Qui vedi gente muoversi da tutte le parti e a qualsiasi ora. Quando mi alzo alle 6 e guardo fuori dalla finestra, vedo già tantissimi che corrono, che fanno palestra all'aperto. Fanno corsi di yoga nei parchi, si danno appuntamento per fare attività insieme. I miei figli più grandi frequentano l'asilo e già lì fanno attività sportiva. Sarà perché dai primi passi respirano aria di sport, sarà perché qua c'è quasi sempre bel tempo, non lo so, fatto sta che è proprio bello vedere tutto questo movimento”.

INDIGNAZIONE – “Da sempre mi hanno sconcertato le violenze sui bambini, ancor di più da quando sono nati i miei figli. Poi, quando succedono cose come l'ultimo massacro negli Stati Uniti, mi vengono i brividi. Ecco, in quei momenti, oltre che essere indignato sono profondamente irritato. È davvero qualcosa di inconcepibile per me”.

GIOVANI – “Penso sia sbagliato puntare il dito su di loro oppure sul colpevole di turno. C'è la volta in cui danno la responsabilità alle famiglie, dopo tocca alle scuole, all'università, a Internet. Io credo che sia ora di smetterla con queste colpevolizzazioni perché siamo tutti chiamati a rimboccarci le maniche. Nel caso particolare dei giovani ci deve essere una partecipazione a tutti i livelli riguardo alla loro crescita. Solo così possono diventare protagonisti».

DOPO CARRIERA – “Fortunatamente ancora non ci penso, mi rifiuto. Il mio fisico regge, mi diverto ancora molto a giocare e a migliorare ogni giorno. Ovviamente coltivo altri interessi, ma non stanno diventando progetti per il futuro perché ora, per rendere al meglio, ho bisogno di stare concentrato su ciò che sto facendo. Se cominciassi a pensare che voglio fare l'allenatore finirei per entrare in campo dicendo agli altri cosa devono fare e intanto io non farei niente. Vivo il momento e al dopo ci penso… dopo”.

Redazione

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