CRISI MILAN ALLEGRI / MILANO – Milano, negli ultimi decenni, è stata la città più importante del calcio italiano. Sia in termini di vittorie, sia in termini di investimenti. L’inizio di questa stagione, invece, sta denunciando una profonda crisi di Inter e Milan. Le ragioni di questo momento buio sono articolate e profonde e decisamente differenti, tra una sponda e l’altra del Naviglio. Cerchiamo di capire cosa sta accadendo.
MILAN SMANTELLATO – Il calciomercato estivo ha letteralmente smantellato il Milan. Non solo distruggendo la squadra che negli ultimi due anni ha vinto il campionato e si è posizionata seconda: è stato davvero chiuso un ciclo importantissimo, che durava dai tempi di Ancelotti. Ma, in tutto questo, abbiamo assistito a un’altra novità negativa: la fine della grande ‘capacità mediatica’ della dirigenza rossonera e della sua autorevolezza in sede di mercato. Ma andiamo con ordine. A inizio estate, il Milan ha perso Aquilani, Gattuso, Inzaghi, Nesta, Seedorf, van Bommel e Zambrotta, considerati a torto o ragione, a fine carriera. Nel corso del mercato, invece, a fare le valigie in cambio di molti soldi, sono stati Ibrahimovic e Thiago Silva. Gli effetti di queste operazioni sono stati devastanti. Per prima cosa, ovviamente, il Milan si è trovato estremamente indebolito dal punto di vista tecnico. In secondo luogo, però, è venuta a mancare la personalità (a partire non sono stati solo giocatori forti, ma veri e propri leader). Infine, smantellando, i rossoneri si sono presentati in condizioni di grande debolezza sul mercato: con la necessità di tesserare numerosi giocatori in una singola sessione. Sembra evidente che il progetto fosse quello di svincolare tutti i senatori, per ripartire – contenendo i costi – con dei giovani a supporto di Ibra e Thiago. Ma poi è arrivato un ulteriore ‘disimpegno economico’ della Presidenza, accompagnato dalla ricchissima offerta del PSG per i due giocatori. Se così non fosse, sarebbe stato quantomeno sconsiderato non convincere per esempio un Nesta a giocare un anno in più, per ovviare al preventivato addio di Thiago.
ALLEGRI ‘BRUCIATO’ – Massimiliano Allegri non ha mai ‘catturato’ l’ambiente rossonero, sempre abituato a dare le chiavi della prima squadra a 'prodotti' del mondo Milan. Anche i buoni risultati ottenuti negli ultimi anni sono stati spesso attribuiti più ai campioni, che alle scelte dell’allenatore livornese. Allegri, anzi, è molto più di frequente finito ‘nel mirino’ della critica per scelte impopolari e rapporti tesi con buona parte dei senatori. La cessione di Pirlo e gli screzi con Inzaghi, Seedorf e Gattuso sono state le situazioni più ‘scabrose’. In più, la mano dell’allenatore toscano, ha faticato a vedersi sul campo. Di fatto, Allegri ha imposto la propria volontà nell’approntare una squadra molto coperta a centrocampo (sacrificando Pirlo e decentrando il fulcro del gioco) e in grado di ripartire velocemente, per sfruttare Ibrahimovic, utilizzandolo lo svedese come splendido realizzatore, ma anche come creatore di gioco (ne sa qualcosa bomber-Nocerino): i rossoneri – semplificando un po’ – si contentavano di restare compatti, recuperare palla e ripartire rapidi, sperando che Ibra premiasse gli inserimenti di Boateng e Nocerino. Poca manovra, insomma. Difficile credere che, una squadra pesantemente depotenziata, potesse riprendere a cercare la vittoria attraverso il gioco, dopo averci quasi rinunciato per due anni. Difficile pensare che un allenatore poco amato nell’ambiente, potesse dare certezze a una gruppo demotivato, impaurito e senza più nessun leader in campo.
PROSPETTIVE – E’ dunque crisi profonda. Tecnica e morale. Allegri deve fare i conti con un ‘anno zero’ e una rosa molto impoverita. In più – al di là delle assicurazioni di facciata – non sembra godere della fiducia di società e squadra. In prospettiva, però, l'allenatore toscano deve fare buon viso a cattivo gioco: non può essere visto come principale responsabile della crisi rossonera. Ma se è tecnico di valore, deve assolutamente trovare le chiavi del gioco (e ridare fiducia e motivazioni all’ambiente) per impedire la deriva di una squadra che non sarà più quella dello scorso anno, ma resta superiore a Sampdoria, Atalanta, Anderlecht e Udinese.
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