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Quando il “social” non è buono

Una sociologa del Mit spiega come l'utilizzo ossessivo della rete esprima problemi che una volta sarebbero stati trattati come patologici

ROMA Sherry Turkle, una delle più famose e affermate studiose americane del mondo giovanile, ha evidenziato la “moderna follia” che colpisce le nuove generazioni, che comunicano ossessivamente tra loro via Internet attraverso social network quali Facebook o Twitter. Lo studio della Turkle si è basato sull’analisi dell’aumento delle problematiche di un campione di giovani, in relazione al loro utilizzo di tali strumenti di comunicazione a scopo di contatto sociale.

Nel suo ultimo libro “Alone together”, la sociologa del Mit spiega come “questo comportamento, che è ormai diventato così diffuso da poter essere considerato tipico di questa generazione di ragazzi, esprime problemi che una volta avremmo trattato come patologici”, mentre oggi vengono sottovalutati e ricondotti nella sfera della normalità.

LE INSIDIE DELLA NOSTRA SOCIETA’ – A suo parere però, tali atteggiamenti non possono essere considerati normali, perché i social network contribuiscono a plasmare una personalità ancora acerba, contribuendo a una sua deviazione verso dinamiche contro natura nel caso in cui il ragazzo non trovi nei genitori punti di riferimento validi in grado di guidarlo correttamente, fornendogli una visione più obiettiva della realtà.

LA DROGA CHIAMATA RETE – Per spiegare il processo di “disumanizzazione” che coinvolge coloro che utilizzano in maniera maniacale la rete per i loro contatti sociali, la Turkle invitata alla trasmissione ‘The Colbert Report’, ha raccontato di aver visto persone preoccupate di controllare i loro messaggi sul proprio iPhone o Blackberry persino durante un funerale.

Se apparentemente i social network permettono di gestire più facilmente i rapporti sociali grazie a comunicazioni più veloci, l’altra faccia della medaglia ci mette però in allerta sulle conseguenze che questa tendenza può portare, ovvero quella di generare un maggiore isolamento dal mondo “reale”. Tale problema è ancora più evidente nel caso degli adolescenti, che stringono con facilità amicizie virtuali, che contribuiscono solo ad aumentare il senso di emarginazione e isolamento.

Redazione

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