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Massara, il ds silenzioso e competente mette il primo scudetto in bacheca

Lo scudetto del Milan ha tra le firme importanti anche quella del ds silenzioso, Frederic Massara 

Poche parole, tanta competenza. Sembra il motto per fare pubblicità ad un prodotto affidabile, in realtà sono quattro parole per descrivere Frederic Massara, alla storia sportiva che lui scrive con l’inchiostro trasparente semplicemente Ricki. A 53 anni e mezzo vince il suo primo scudetto nella duplice carriera, da giocatore prima e da dirigente poi. Chi lo conosce ha la fortuna di capire che la sua riservatezza non è spocchia, è un misto a timidezza e alla sensazione che la ribalta spetti ad altri, non necessariamente a chi il tempo deve impiegarlo per lavorare. Come lui, che per vent’anni ha fatto il giocatore (Pescara la piazza che lo ha consacrato), per tre l’allenatore (da vice con Benevento, Pescara e Martina) e da 14 anni ha messo i panni del dirigente.

Massara © LaPresse

Ha avuto due padri sportivi: da giocatore Giovanni Galeone, da dirigente Walter Sabatini che lo ha scoperto e finché ha potuto se lo è tenuto incollato. Un certo modo di vivere la professione te lo scegli: la cosa importante è stare bene nell’abito che decidi di indossare, senza soffrire, senza scalciare. E Ricki Massara l’abito lo ha messo sempre con classe. Tra il Palermo, la Roma e per un pezzetto l’Inter, c’era Walter Sabatini a riempire la scena, Massara era il vice: mentre vice lo era sicuro, ma forse anche qualcosa di molto di più. L’importante è stato non farsi assalire mai dalla tentazione di dire… “Però quel giocatore lo avevo visionato io“. Ce ne sono stati (in fondo è anche quello il compito di una spalla), ma per Massara c’è stata soprattutto una cosa: la riconoscenza, quel sentimento puro che ti fa vivere senza sentirti mai usurpato di qualcosa, ma convinto che quel qualcosa tu lo debba sempre a chi ti ha portato con sé.

Milan, lo scudetto è anche di Massara: la carriera del ds silenzioso

Massara e Maldini © LaPresse

La Roma è la società che probabilmente ha valorizzato di più Massara, nei sei anni complessivi in cui ha frequentato Trigoria, dal 2011 al 2016 e poi dal 2018 al 2019. La verità? La sensazione, vista da fuori, era come quella che si prova quando l’allenatore si gira e cerca il giovane in panchina da lanciare per coprire un buco. Andò via Sabatini nel 2016 e esercitò un breve interregno, tornò nel 2018 da segretario generale e tra marzo e giugno del 2019 fu ds con l‘uscita di scena di Monchi. Attenzione però: Ricki Massara è stato sempre un dirigente molto stimato per la sua competenza, per la conoscenza dei giocatori, per la capacità di leggerne pregi e difetti. Quello che erroneamente non gli è stato riconosciuto, probabilmente, è stato il carisma da direttore sportivo, quella sorta di “fisico che risponda al ruolo”. Massara ha avuto l’etichetta del buono, che ha offuscato le mille altre etichette positive che avrebbe potuto appiccicarsi. Ma figurarsi se uno come lui sarebbe mai andato in giro a pubblicizzare il suo lavoro.

Eppure Abel Hernandez, Josip Ilicic e Javier Pastore a Palermo sono roba sua e nel mercato dei Pjanic, Lamela, Marquinhos, Benatia, Strootman e Manolas alla Roma c’è stata anche la sua voce. Natali torinesi, mamma francese e funzionaria del Louvre (scomparsa ormai da qualche anno), poliglotta (parla ovviamente francese ma anche spagnolo, tedesco e inglese), di lui Sabatini disse: “Massara non è un mio delfino, è un professionista, laureato e competente”. Al Milan lo ha voluto Paolo Maldini, non uno qualsiasi: quell’umiltà, quella competenza, quel silenzio costruttivo, sono diventate qualità e basta, senza zone d’ombra o dubbi. E Massara ha risposto con il lavoro: Maignan e Kalulu, potrebbero bastare quoti due nomi, scandagliati dal mercato francese. Non sono gli unici, la Ligue 1 è casa per lui. Questo scudetto che torna al Milan undici anni dopo, porta la firma di questo dirigente: che se lo merita tutto.

Giorgio Alesse

RedazioneCM

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