Il centrocampista della Roma si emoziona parlando dell’importanza della formazione e l’informazione nel primo soccorso: “Vorrei fosse la legge di Astori, Giani e gli altri”
È passato meno di un anno da quel maledetto primo dicembre in cui la vita di Edoardo Bove è cambiata. C’è stata la paura, la ripresa, la consapevolezza, ora l’azione. Che non passa ancora per un pallone recuperato, un lancio o un inserimento in area. Ma per qualcosa di molto più importante, che davvero può cambiare la vita anche di altre persone. In questi minuti è stata presentata nell’Aula Convegni del Senato la ‘legge Bove’, un disegno – voluto dai senatori Marco Lombardo e Carlo Calenda – che va appunto a insistere sulla formazione obbligatoria per diverse categorie professionali sul primo soccorso. E per il quale tutti i politici presenti, tra cui il Ministro Abodi, hanno ringraziato Diego Tavano, agente di Bove, per aver partecipato all’ideazione della Legge Bove. L’obiettivo è soprattutto sensibilizzare l’opinione pubblica, a partire da scuole e centri sportivi sull’importanza della cultura del primo soccorso.
Un emozionato e commosso Bove, testimonial e portavoce di questa iniziativa: “Grazie per essere venuti. Per me è motivo di grande orgoglio essere qui, grazie al senatore Lombardo, al presidente Scapigliati, le senatrici e il ministro Abodi (presenti tutti questa sera, ndr). L’impegno mostrato dal senatore e il presidente mi hanno contagiato e ho deciso di essere il testimonial di questa legge. Parliamo del 1 dicembre, dell’episodio che è stato il motore di tante cose, ma non è la causa principale per cui sono qui”.
“Quell’episodio ha una natura differente, io sono un professionista ed ero su un campo da Serie A dove le tutele e la sicurezza è diversa rispetto a quelle che ci sono per strada o a livello dilettantistico. Io sono entrato in contatto con tante fondazioni, ho toccato con mano il dolore che provano. Tutte queste fondazioni sono nate da genitori, fratelli che perdono figli o sorelle. Bisogna fare qualcosa. Mi sono messo nei loro panni, mi è rimasta quella sensazione che in qualche modo non abbiamo fatto il massimo per salvarli e credo che questo sia rimasto a loro”.
Bove continua: “Sono davvero onorato che qui ci sia il mio nome, ma se posso essere sincero anche un pochino imbarazzato, perché non è giusto prendermi il merito. C’è chi si spende da più tempo, chi dal 2015 lotta per promulgare. Ma vorrei che questa sia la legge della fondazione Castelli, per Matteo, per Stefano, di quelli che a Piacenza hanno salvato una persona. Mi viene in mente Mattia Giani, Davide Astori, è per loro. Capisco che debba essere nominata, ma è un motivo di grandissimo orgoglio per la mia famiglia. Dobbiamo combattere la disinformazione, che porta anche le persone ad avere paura”.
“Perché i dati dicono anche che molti si tirerebbero indietro, ma secondo me per paura, perché non saprebbero cosa fare. Noi cerchiamo di promuovere l’informazione sul primo soccorso. Ci proviamo a CasaViola con i ragazzi, facendo dei corsi nelle scuole e la cosa che ci fa ben sperare è che se facciamo la stessa domanda ai bambini, se interverrebbero o meno in situazioni di difficoltà, alzano subito la mano. Questo ci dà l’indicazione su dove convogliare i nostri sforzi.
Dobbiamo capire che il nostro rettangolo di gioco sono le scuole, i centri sportivi, dove c’è il coraggio di farlo. Dobbiamo quindi alzare la mano tutti per rispondere che siamo presenti e che vogliamo fare qualcosa”. Un discorso sentito, non senza qualche interruzione per un po’ di imbarazzo ma soprattutto un forte coinvolgimento emotivo che ogni tanto fa capolino anche nei suoi occhi, che si fanno lucidi.
A margine della conferenza, Bove è uscito allo scoperto circa il suo ritorno in campo: “La mia condizione finisca migliora, sicuramente l’obiettivo è tornare a giocare e farlo il prima possibile. Credo accadrà presto anche se non so dove e quando. Ora mi vedete in giacca e cravatta, ma voglio tornare in pantaloncini”.
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