La Premier incassa più del doppio della Serie A. Però lo scarto non è una pura casualità, i club europei vantano degli stadi di proprietà, dei diritti TV globali e degli sponsor internazionali. Il calcio italiano ha bisogno di grandi interventi per poter essere rilanciato. Ecco quattro mosse concrete per colmare il gap.
Negli ultimi dodici mesi i venti club della Premier League hanno generato 6,3 miliardi di sterline di fatturato, circa 7,4 miliardi di euro, grazie ai ricavi commerciali e a una pioggia di diritti TV che non ha paragoni in Europa. Allo stesso tempo la Serie A si è fermata a 2,9 miliardi di euro, un risultato in lieve crescita ma ancora lontano anni luce dai numeri inglesi.
Per capire dove nascono queste differenze basta guardare le abitudini degli appassionati: chi vuole vivere dal vivo un match del Chelsea compra il biglietto online su piattaforme come Hellotickets, prenota il viaggio e il volo e si gode un weekend da urlo. In Italia, invece, occorre migliorare il comfort degli stadi in modo da renderli capaci di offrire un grande intrattenimento.
Se il campionato italiano vuole tornare competitivo anche fuori dal campo, deve decisamente cambiare marcia.
Lo stadio rappresenta una delle principali fonti di entrate economiche per le grandi società inglesi: tutti i top club possiedono o controllano l’impianto e monetizzano ogni metro quadro sette giorni su sette. In Italia, al contrario, solo la Juventus e l’Udinese gestiscono delle strutture moderne, gli altri pagano dei canoni comunali che non ripagano i costi di ammodernamento. Eppure i segnali di ripresa non mancano: la stagione 2024-2025 ha visto un’affluenza media di 30842 spettatori e un totale di 11,7 milioni di presenze.
Per trasformare questi numeri in cash la Serie A deve:
Dal 2025 la Premier incasserà 6,5 miliardi di sterline solo con i diritti esteri nel triennio 2025-2028, più di 2 miliardi all’anno. La quota internazionale supera quella domestica e alimenta il predominio finanziario inglese. La Serie A, invece, nel ciclo 2024-2029 porta a casa circa 900 milioni l’anno da Sky-DAZN in Italia e meno di 300 milioni in totale dall’estero.
Cosa si può fare?
Nel 2023-2024 la voce commerciale ha superato 2 miliardi di sterline in Premier League, mentre la Serie A si è fermata a 1 miliardo, ma con una crescita del 9% grazie soprattutto ai club a proprietà nordamericana. Il potenziale esiste: le maglie dell’Inter e del Milan valgono già più di quelle dell’Atletico o del Dortmund. Manca però un racconto di sistema.
L’ultimo vantaggio competitivo della Premier non si trova solo sul conto in banca: è nella capacità di trasformare ogni partita in contenuto on-demand. Amazon All or Nothing e le docu-serie di Netflix hanno fidelizzato nuovi segmenti di fan in Asia e in America Latina.
La Serie A può giocare la carta della tradizione, ma deve farlo con i mezzi moderni:
La distanza economica con la Premier non è scritta nei regolamenti. È il frutto di scelte industriali. I numeri parlano chiaro, 6,3 miliardi contro 2,9, ma anche l’Italia possiede degli asset unici: passione, storia e rivalità cittadine che il mondo ci invidia. Se la Serie A imbocca la via degli stadi di nuova generazione, dei diritti TV globali, degli sponsor premium e un racconto digitale inclusivo, il gap può restringersi nel giro di un quinquennio. Non sarà facile, ma il campo, e il business, aspettano solo il fischio d’inizio.
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