Ciao Sinisa

Di lui resterà l’immagine del Combattente. E una dolcezza di fondo che non era difficile da scorgere se volevi leggerlo oltre quel tono burbero, ma che traboccava sentimento e forse sperava di celarlo, per non rivelarsi debole con chi non voleva. Perché gli occhi che hanno visto la guerra più aspra, quella tra fratelli, non possono cedere. Se lo fanno è per sciogliersi in pianto.

Ciao Sinisa
Mihajlovic ©LaPresse

Tre sillabe Si-ni-sa, il modo più diretto per sentire battere il cuore di chi lo ha amato: più di tutti doriani, laziali, interisti, catanesi e bolognesi, le tifoserie per le quali ha giocato e allenato lasciando un segno più netto che altrove. Ma poi tutti, più o meno indistintamente. Aveva scelto l’Italia dal 1992, da quando la Roma lo prese dalla Stella Rossa. Non è praticamente più andato via. Trent’anni attraversati tra campi e panchine. Ne aveva 22, se ne va a 53. I suoi ultimi mesi ne hanno reso più dolce e tenero il ricordo, quasi preparando tutti noi all’idea di vederlo andare.

Ciao Sinisa
Mihajlovic ©LaPresse

Ma non si è mai pronti al distacco, mai. Anche perché il Combattente sembrava destinato a vincere comunque. Sempre vicino i suoi uomini, con ogni mezzo. La sua famiglia lo piange disperata e così i suoi amici più stretti. Loro quella debolezza umana l’avevano colta e sorretta, sapendo leggerli come nessuno, quegli occhi.

Sinisa il Combattente saluta e va, l’inchino del Calcio è l’omaggio che unisce nel dolore. E il coro raggiunge le stelle: Si-ni-sa, Si-ni-sa, Si-ni-sa…

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