Paolo Rossi e il Tempo fermato: eterno Hombre del Partido

L’Italia intera piange la morte di Paolo Rossi, l’uomo del Mondiale del 1982: l’eterno Pablito, Hombre del Partido

Sono nato 12 anni dopo quella meravigliosa estate del 1982, dove gli occhi del mondo intero erano puntati sulla Spagna, perché c’era il Mundial. Il calcio è l’unico linguaggio comprensibile e compreso da tutti, è l’Esperanto di questo mondo e alla fine dell’estate due parole erano sulla bocca di tutti: Paolo Rossi. L’uomo col cognome più italiano d’Italia aveva fatto una tripletta al Brasile più brasiliano di sempre, inutile dire che più nessuno ci è riuscito. Tre gol al Brasile, doppietta alla Polonia in semifinale ed una rete alla Germania in finale. 3, 2, 1 e l’Italia è campione del mondo. Noi, tutti noi, abbiamo alzato quella Coppa tutta d’oro per la terza volta nella nostra storia. Per un singolo giocatore è difficile fare meglio, ma Paolo Rossi è stato straordinario anche in questo e si è superato: la persona ha superato il giocatore, ha valicato il campione.

Pablito era un uomo timido, gentile, per bene, e lo dimostrano i tanti ricordi accorati e dolorosi che ex compagni, giornalisti, allenatori gli stanno dedicando in queste ore tristi. Per tutti era un amico, una persona profonda, intelligente, mai banale. Un episodio più di altri, per me, lo rappresenta. Mentre la Gloria sta iniziando il suo valzer, alla fine di quella sfida col Brasile, Paolo Rossi ha la lucidità di cogliere quell’attimo: “Guardavo la folla, i compagni e dentro sentivo un fondo di amarezza. Adesso dovete fermare il tempo, adesso, mi dicevo. Non avrei più vissuto un momento del genere. Mai più in vita mia. E me lo sentivo scivolare via. Ecco: era già finito”. Proprio lui, che aveva fatto della capacità di prendere il tempo agli avversari la sua dote più straordinaria, si era reso conto che non si può fermare il tempo, che anche la gioia e la gioventù dura il ticchettio di una lancetta.

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Paolo Rossi, idolo di tutte le generazioni

Paolo Rossi
Paolo Rossi (Getty Images)

Il tempo è un confine gelido, da cui adesso Pablito non è più ingabbiato, ma nel ricordo nostro quel momento che voleva fermare si è fissato, è diventato parte del nostro corredo genetico, un patrimonio culturale come la pasta e la Divina Commedia. Ci era riuscito a fermarlo quell’attimo, ma non se n’era accorto. Tutti devono molto a Paolo Rossi, che ha fatto gioire una generazione di anziani al loro ultimo successo, uomini e donne che stavano iniziando ad appassire e si sono rinverditi per un’estate, ragazzi e ragazze che guardavano al futuro con la certezza che nulla li avrebbe fermati e l’inconsapevolezza del fatto che un momento così non sarebbe più arrivato nemmeno per loro. Paolo Rossi ha fatto di più, ha valicato il tempo ed è arrivato ad emozionare anche chi è nato dopo quel lontano 1982.

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Sono nato 12 anni dopo quella meravigliosa estate spagnola, ma oggi il mio tempo è il suo tempo, sono i racconti di mio padre, di mio nonno, le storie lette tante volte, viste tante volte, una maglia azzurra col numero ‘20’. L’amore per la Nazionale mi si è acceso con i racconti di quell’impresa, fatta da uomini di altri tempi e raccontata da giornalisti di altri tempi. Oggi ci accorgiamo noi che non possiamo fermare il tempo, riavvolgerlo e rivivere quella meravigliosa estate spagnola. Lui voleva essere ricordato così, con la maglia azzurra addosso e le sue braccia magre alzate al cielo in quell’orgasmo collettivo che è l’esultanza dopo un gol. E, allora, ti ricorderemo sempre così: oggi l’Hombre del Partido è Paolo Rossi.

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