SPECIALE CM.IT – Calcio e razzismo, Italia sotto accusa: sanzioni fantasma

Secondo appuntamento con l’approfondimento di Calciomercato.it sui comportamenti discriminatori nel mondo del calcio

CALCIO RAZZISMO ITALIA / Italia sotto accusa quando si parla di calcio e razzismo: nel secondo appuntamento con lo speciale di Calciomercato.it sul legame tra il mondo del pallone e comportamenti discriminatori, ci soffermiamo sul nostro Paese. Quanto è radicato il fenomeno razzismo nel nostro calcio? Molto a giudicare dai numeri che – come abbiamo visto nella prima puntata dell'approfondimento – vedono l'Italia dietro soltanto all'Inghilterra nel 2019 per episodi a carattere discriminatorio avvenuti all'interno di uno stadio di calcio. Un problema non di poco conto, considerato che le cronache portano sempre nuovi esempi di quanto tale fenomeno sia radicato. Nelle statistiche pubblicate la settimana scorsa ci siamo fermati a luglio 2019, eppure da allora le cose non sono cambiate come le notizie di attualità ci confermano: soltanto in queste prime 13 giornate della Serie A 2019/2020 di episodi a sfondo razziale balzati in prima pagina ce ne sono stati diversi. Da Lukaku in Cagliari-Inter a Dalbert in Atalanta-Fiorentina, finendo a Balotelli con quel pallone calciato verso i tifosi del Verona: episodi che hanno fatto discutere ma dopo i quali non è arrivata quasi nessuna sanzione, come vedremo in seguito.

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Razzismo nel calcio, è allarme Italia: episodi in aumento

Un problema che riguarda tanto il calcio professionistico che quello dilettantistico: abbiamo visto come circa il 10% degli episodi di discriminazione relativi ai primi sette mesi del 2019 denunciati tramite il network Fare sia accaduto in Italia o comunque riferibile a squadre italiane, percentuale in crescita rispetto a quella dello scorso anno quando si attestava di poco sotto l'8,5% del totale. Una crescita confermata anche da altri dati allarmanti, quelli che arrivano dal report 'Calciatori Sotto tiro 2013-2018' dell'Associazione Italia Calciatori. Un'indagine che riguarda cinque anni calcistici (dal 2013-2014 al 2017-2018) e che si concentra su “le minacce e le intimidazioni rivolte nei confronti di chi scende in campo, sia a livello professionistico che dilettantistico”: report quindi non legato esclusivamente ad atti discriminatori ma i cui risultati mostrano un aumento importante del fenomeno legato al razzismo che rende non più rinviabili interventi da parte dell'intero sistema calcio italiano. 

Così, se nel 2013-2014 la causa principale degli episodi di minacce e intimidazioni era la 'sconfitta' (58% contro il 19% nel 2017-2018) in cinque anni si è assistito alla crescita di episodi di razzismo passati dal 21% al 41% (FOTO 1). Praticamente gli episodi sono quasi raddoppiati nell'arco di cinque stagioni e le cronache recenti fanno pensare che tale dato è destinato ancora a crescere per l'annata in corso. Uno spaccato evidenziato anche da un altro dato: l'origine dei comportamenti intimidatori. Se prima tali fenomeni provenivano dai tifosi della propria squadra (49% nel 2013-2014 contro il 25% del 2017-2018), ora il predominio è dei tifosi avversari (dal 47% al 54%): quelli che solitamente mettono in atto comportamenti discriminatori. Infine, il tipo di comportamento: sia dai dati FARE che da quelli AIC è chiaro che siano i cori il veicolo preferito per atteggiamenti discriminatori e intimidatori, il più semplice da mettere in atto e il più difficile da sanzionare (FOTO 2). 

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Calcio e razzismo, in Italia sanzioni solo per casi eclatanti

Già, le sanzioni: una nota dolente come dimostrano i casi più eclatanti avvenuti in questa stagione. Il giudice sportivo, infatti ha ritenuto di non dover procedere per quanto accaduto alla 'Sardegna Arena' con i cori contro Lukaku in quanto “non possono essere integrati i presupposti, in termini di dimensione e reale percezione” per far scattare la punibilità; per quel che riguarda invece il caso Dalbert, è arrivata una sanzione di 10mila euro dopo un supplemento di inchiesta “vista la dimensione e la mancata percezione reale da parte degli Organi federali”. Discorso parzialmente diverso per Balotelli: in questo caso la chiusura del settore 'Poltrone Est' del Bentegodi per un turno, inflitto dal giudice sportivo, è stata in seguito sospesa per il ricorso presentato dal Verona con l'invito della Corte Figc alla Procura Federale di “individuare con esattezza il settore di provenienza dei cori di discriminazione razziale nonché la loro percezione e dimensione”.

Già da questi tre casi si capisce come uno dei problemi del nostro calcio è rappresentato forse proprio dall'aspetto sanzionatorio: c'è bisogno di casi eclatanti per procedere con sanzioni altrettanto eclatanti come accaduto in occasione di Inter-Napoli dello scorso 26 dicembre. I cori nei confronti di Koulibaly hanno fatto il giro del mondo e portato alla chiusura di San Siro per due turni. Ma appunto si è trattato di un caso 'particolare' che ha spinto ad infliggere una sanzione fuori dai canoni 'normali'. Se, invece, si analizza il contesto in generale si scopre che in Serie A le sanzioni sono 'fantasma' e che con i concetti di 'percezione' e 'dimensione' si crea una interpretabilità dei comportamenti che non produce certo effetti positivi. Così, tornando ai dati relativi al 2018 e a metà 2019, si nota come una sanzione sia arrivata nel 43% dei casi, mentre nel restante 57% si passa oltre. Inoltre, si osserva che le sanzioni subito afflittive sono ancora di meno: nel 33% degli episodi, infatti, si procede con una sospensiva. Considerato che quasi mai diventano poi afflittive, ecco che il conto delle 'non sanzioni' sale al 71% dei casi. In generale, il provvedimento più adottato è quello della chiusura del settore incriminato, che scatta nel 50% dei casi, mentre le multe arrivano nel 33% degli episodi presi in considerazione, con la chiusura dell'intero stadio che è scattata nel 17% degli episodi sanzionati. Nel calcio di élite non c'è stata nessuna partita interrotta definitivamente per razzismo, con qualche caso sporadico di sospensione temporanea dell'incontro. Un metodo sanzionatorio che appare quindi forse troppo permissivo e nel quale le società finiscono per pagare (quando pagano) totalmente il conto, mentre all'estero i club sono poi aiutati nell'individuare e sanzionare, in maniera pesante, singolarmente i colpevoli di episodi di razzismo (e lo vedremo nella prossima puntata del nostro speciale). Ed allora ciò che manca è proprio quell'”idea chiara e condivisa” del calcio che chiede Thuram nel suo intervento sul report dell'AIC, invitando tutto il sistema ad isolare e 'cacciare' i tifosi violenti e razzisti: “Di persone come voi facciamo a meno, voi non aiutate la squadra, voi rovinate il calcio”. 

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