Inter, che fine ha fatto… Marko Livaja

Nuovo appuntamento con la rubrica di Calciomercato.it sugli ex giocatori nerazzurri

INTER LIVAJA / Torna su Calciomercato.it la rubrica 'Che fine ha fatto?', che ha come scopo quello di riportare all'attenzione dei tifosi interisti e non solo 
i giocatori che in passato hanno indossato la maglia nerazzurra scomparendo poi dai radar. Le news Inter di oggi ci portano a parlare dell'attaccante croato Marko Livaja.

Livaja 'limitato' dal suo carattere

Approda a Milano via Hadjuk Spalato nell'estate 2010, alla soglia dei 17 anni. Di lui si parla benissimo e in effetti le qualità fisiche e tecniche sono piuttosto evidenti. Preoccupa, col senno di poi a ragion veduta, il suo carattere troppo fumantino… Comunque l'Inter lo gira un anno in prestito al Lugano e poi al Cesena fino al gennaio 2012. Nel 2012/2013 entra stabilmente in prima squadra: Stramaccioni gli dà ampio spazio all'inizio della stagione e poi in inverno, lui risponde presente soprattutto in Europa League dove riesce a mettere a segno ben 4 gol nella fase a gironi. Nel mercato di 'riparazione', però, il club allora ancora di Moratti decide (sbagliando) di cederlo in comproprietà all'Atalanta nell'ambito dell'affare Schelotto. L'esperienza a Bergamo parte forte ma già a maggio arriva un mezzo epilogo: dopo un duro scontro di gioco in allenamento colpisce con un pugno il compagno di squadra serbo Ivan Radovanovic. La società prende provvedimenti tenendolo fuori fino all'ultima giornata di campionato, che per lui si conclude con 6 gol all'attivo, di questi 2 con la maglia orobica. L'anno seguente, ancora a Bergamo, è un tormento. Litiga con Colantuono, ambiente e compagni: “C'era invidia tra i compagni e il mister non mi ha aiutato, anzi. In un allenamento ci siamo presi (Colantuono poi smentì, ndr), se non ci dividevano i compagni non so come sarebbe finita – ha poi raccontato alla fine di quell'annata alla 'Gazzetta dello Sport' – Dopo Atalanta-Verona sono stato sostituito al 6' del secondo tempo, ero arrabbiato, dietro la panchina i tifosi mi hanno dato dello zingaro, insulti razzisti, minacce alla famiglia: ho detto basta. Sì, ho scritto italiani bastardi ma ce l'avevo solo con quei quattro tifosi, io la faccia la metto sempre”.

A maggio 2014 Atalanta e Inter se ne liberano cedendolo al Rubin Kazan per circa 6 milioni di euro. In Russia manifesta gli stessi problemi di natura comportamentale, così a fine stagione – in cui non segna nemmeno un gol – torna in Serie A, all'Empoli, con la formula del prestito. In Toscana colleziona un altro fallimento: 'rompe' con il club e Giampaolo, fatale l'abbandono della panchina in stile Gabigol-Joao Mario nella gara casalinga di metà anno contro il Frosinone. Pur di non rivederlo con la maglia rosso-verde e nonostante un contratto ancora di tre anni, il club della Repubblica del Tatarstan gli concede la lista gratuita e quindi la possibilità di trasferirsi in Spagna, al Las Palmas con cui firma fino al 2020. Anche nelle Canarie si mette in risalto non grazie alle sue prestazioni, seppur non siano mancate quelle di buonissimo livello (con 7 reti realizzate tra Liga e Copa del Rey). Ad aprile è protagonista di una brutta entrata su Marcos Llorente dell'Alaves e di una spinta ai danni dell'arbitro Montero. Gesti che gli costano cinque turni di squalifica, ovvero la chiusura anticipata della stagione e forse dell'avventura spagnola.

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